All’On.le Ministro della Giustizia
Marta Maria Carla Cartabia
gabinetto.ministro@giustiziacert.it
Alla Gent.ma Dott.ssa Manuela
Liverani
Giudice Onorario presso il Tribunale di Rimini
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e, per conoscenza:
Spett.le Associazione
Laica UAAR
(Unione Atei
Agnostici Razionalisti)
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ITALIA LAICA
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LIBERO PENSIERO
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COSCIONI
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CONSULTA TORINESE PER LA LAICITÀ DELLE ISTITUZIONI
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CONSULTA MILANESE PER LA LAICITÀ
DELLE ISTITUZIONI
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LAICA “PIERO CALAMANDREI” – ONLUS
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RTV San Marino
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OGGETTO:
1) Istanza di rimozione
dei crocifissi cattolici dalle aule giudiziarie italiane;
2) In subordine, istanza
di esposizione nelle aule giudiziarie del logo dell’UAAR, della menorà
ebraica, della croce gammata giainista,
induista, buddista, taoista, shintoista, confucianista, amerindica Navajo,
Papago, Apache
ed Hopi.
A Tutti i
Destinatari espongo quanto segue.
F A T T O
1.
Il giorno 25 novembre dello scorso anno 2021 mi
sono presentato presso il Tribunale penale di Rimini per deporre come teste in
un procedimento penale assegnato al G.O.T. Dott.ssa Manuela
Liverani.
2.
Dopo aver prestato giuramento, ho rappresentato
al Giudice Dott.ssa Manuela Liverani che le Sezioni Riunite della Cassazione
civile, con sentenza n. 24414 del 6.7.2021, depositata il 9.9.21, hanno (finalmente)
stabilito che l’ “esposizione dei crocifissi nelle SCUOLE pubbliche italiane deve
ritenersi ILLEGITTIMA” perché INCOMPATIBILE col
“principio supremo di laicità”
il quale implica che lo Stato -come peraltro qualsiasi altro Ente od Organo
pubblico, come Regioni, Comuni, Ospedali etc.- DEBBA essere “imparziale, neutrale ed equidistante”
in materia religiosa, sia nei confronti dei singoli cittadini che nei confronti
della associazioni religiose. Le SS.UU. hanno sancito infatti che lo Stato
Italiano non può “IDENTIFICARSI”
“dall’alto” (e cioè con un atto di imperio) in un simbolo religioso “partigiano”
che identifica solo gli adepti di una religione (ma neanche in simboli politici
o di altra natura), fatta eccezione per i simboli nazionali che, proprio per espressa disposizione di legge,
identificano l’intera Nazione
e l’intera popolazione e
possono quindi essere esposti su iniziativa dello Stato.
3.
Al Giudice Dott.ssa Liverani ho anche
rappresentato che i principi sanciti dalle SS.UU., pur riguardano l’esposizione
del crocifisso nelle “scuole pubbliche”, che è disposta dall’art. 118 del regio
decreto fascista n. 965 del
1924, si applicano anche all’esposizione dei crocifissi nelle aule giudiziarie
italiane. Anche l’ostensione dei crocifissi nelle aule giudiziarie, infatti, è disposta
“dall’alto” e con un atto amministrativo di portata generale, e cioè dalla
circolare fascista del
Ministro di Grazia e Giustizia Alfredo Rocco, Div. III, del 29.5.1926, n.
2134/1867, che così recita: "Prescrivo che nelle aule di udienza, sopra
il banco dei giudici e accanto all'effige di Sua Maestà il Re
sia restituito il Crocefisso,
secondo la nostra antica tradizione. Il simbolo venerato sia solenne
ammonimento di verità e giustizia. I Capi degli uffici giudiziari
vorranno prendere accordi con le
Amministrazioni comunali affinché quanto disposto sia eseguito con sollecitudine
e con decoro di arte, quale si conviene all'altissima funzione della giustizia".
4.
Ho chiesto al Giudice che i crocifissi venissero
rimossi per ripristinare la LEGALITÀ
costituzionale nell’ambito Giudiziario, anche perché i valori dell’imparzialità, della neutralità
e dell’equidistanza sono
ancora più pregnanti nell’ambito dell’amministrazione della Giustizia, non
essendo giustificabile che un “Giudice” giudichi sotto la “tutela simbolica” di
un simbolo partigiano
religioso o politico o di altra natura. In sintesi, i Tribunali “laici” Italiani
non sono equiparabili ai Tribunali ecclesiastici o della Santa Inquisizione,
dove l’esposizione del crocifisso è legittima perché la giustizia viene
amministrata in nome di una particolare “divinità”.
5.
Al Giudice Dott.ssa Liverani ho altresì
rappresentato che la semplice circostanza che io fossi stato costretto a
chiederLe la rimozione dei crocifissi era di per sé lesiva anche del mio
diritto di libertà religiosa, posto che per costante giurisprudenza
della Corte Costituzionale e della Corte europea dei Diritti dell’Uomo il diritto di libertà religiosa va
declinato non soltanto in senso positivo -cioè come diritto di professare e/o
propagandare in pubblico o in privato la propria fede (positiva o negativa che sia)-
ma anche in senso NEGATIVO,
cioè come diritto di NON essere COSTRETTI a manifestare i
propri convincimenti religiosi e/o ad agire o non agire in modo tale da esternare
i propri convincimenti religiosi.
6.
Il Giudice Dott.ssa Liverani ha dichiarato non poter
rimuovere i crocifissi: obiezione che condivido perché la competenza a disporre
la rimozione dei crocifissi appartiene all’attuale Ministro di Giustizia. Ho pertanto
dichiarato che mi rifiutavo di deporre come teste sulla base degli stessi
identici principi di diritto sanciti dalla Corte di Cassazione penale nella
sentenza n. 4273/2000 (imputato: Montagnana). Il Giudice ha rinviato la
trattazione della causa all’udienza del 28 gennaio 2022, invitandomi a
comparire senza ulteriore avviso.
7.
Alcuni giorni dopo, però, sono stati pubblicati
articoli di stampa con i quali, in sintesi, è stata diffusa la notizia che “l’ex
giudice “anticrocifisso” Luigi Tosti, rimosso dalla magistratura per
essersi rifiutato di tenere le udienze sotto l’imposizione dei crocefissi, si
era nuovamente rifiutato di deporre come teste, sempre a causa delle presenza
dei crocifissi, e che la dott.ssa Manuela Liverani aveva rinviato l'udienza chiedendo
alla Cancelleria del Tribunale di predisporre per la prossima udienza un'aula
senza crocifisso”.
8.
In buona sostanza sono stato dipinto dalla
Stampa come una sorta di “vampiro”
allergico ai crocifissi e che per la mia particolare persona di “diverso” (=
non cattolico) sarebbe stata allestita un’ “aula-ghetto” connotata dalla circostanza che nella stessa, in deroga alla “circolare
catto/fascista”, sarebbe stato temporaneamente rimosso il crocifisso.
In sostanza
si pensa che con questo “furbesco
éscamotage” dell’ “aula-ghetto” le mie pretese possano ritenersi
“soddisfatte”. Così non è perché, sebbene sia stato dipinto dalla Stampa come una
sorta di “scemo del villaggio”, non sono così ingenuo e sprovveduto da ritenere
che le problematiche sollevate -che riguardano il rispetto della LEGALITA’ e il
rispetto di diritti umani- possano essere eluse con la volpina rimozione
temporanea di un SOLO crocifisso da una SOLA aula, pronti a ricollocarvelo DOPO che lo “scemo del villaggio” avrà
adempiuto, come pubblico ufficiale, l’obbligo di rendere la testimonianza.
9.
Pertanto, pur consapevole della buona fede della
Dott.ssa Liverani, respingo questa “proposta mediatoria” -così come l’ho sempre
respinta in passato- perché essa contravviene platealmente all’OBBLIGO della
LEGALITA’, cui i Giudici sono tenuti ex art. 101 Cost., e risulta altresì
moderatamente offensiva dei miei diritti inviolabili di eguaglianza e non discriminazione,
di libertà di coscienza, di libertà di religione, come mi accingo ad esporre
nel prosieguo dello scritto.
10.
In primo luogo ricordo che la Legge è uguale per
tutti e va applicata senza eccezioni o favoritismi (art. 101 della Cost.),
sicché delle due l’una: o l’esposizione dei crocifissi è LEGITTIMA, ma allora è
ILLEGITTIMO rimuoverne UNO per soddisfare lo “scemo del villaggio”, oppure
l’esposizione dei crocifissi è ILLEGITTIMA, ma allora TUTTI i crocifissi vanno
rimossi ed è ILLEGITTIMO ricorrere al “volpino
éscamotage” della temporanea rimozione di un SOLO crocifisso per FAVORIRE, illecitamente, gli adepti
della superiore “razza cattolica”. Contrariamente a quanto potrebbe
sembrare, non sono uno sprovveduto ed ho anche il deprecabile difetto di essere
puntiglioso, soprattutto quando si tratta di combattere contro le
prevaricazioni dei potenti arroganti e le ingiustizie che sono commesse, col
classico coraggio del branco, ai danni delle persone deboli.
11.
Per la lettura degli articoli di stampa rinvio
ai seguenti link.
a.
Altarimini.it
https://www.altarimini.it/News152660-rimini-ex-giudice-rifiuta-di-deporre-con-il-crocifisso-nella-stanza.php
b.
Corriere di Bologna
https://corrieredibologna.corriere.it/bologna/cronaca/21_settembre_29/rimini-luigi-tosti-il-giudice-anti-crocifisso-si-rifiuta-deporrec-croce-aula-b9d98982-212e-11ec-891d-da2bbb1ddcbf.shtml
c.
Rtv San Marino
https://www.sanmarinortv.sm/news/italia-c7/rimini-ex-giudice-anti-crocifisso-rifiuta-di-deporre-sotto-croce-a212382/amp
d.
Corriere
Romagna:
https://www.corriereromagna.it/rimini-l-ex-giudice-si-rifiuta-di-deporre-sotto-il-crocifisso/
12.
Sin qui i fatti. Da qui in poi le ragioni delle
mie istanze.
A.
PRIMA
RICHIESTA: chiedo al Ministro di Giustizia la rimozione di TUTTI i crocifissi
da TUTTE le aule giudiziarie della Repubblica “laica” Italiana in ossequio alla
sentenza delle S.U. n. 24.414/2021.
Le S.U. della Cassazione hanno
sancito che l’esposizione/imposizione del crocifisso da parte dello Stato nelle
aule giudiziarie (come in qualsiasi altro pubblico ufficio della Repubblica
Italiana) è INCOMPATIBILE col “principio supremo di laicità” (o di aconfessionalità) della Repubblica
Italiana il quale -come
sentenziato dalla Corte Costituzionale
italiana nella sentenza n. 203 del 1989 e poi nelle sentenze n. 259 del
1990, n. 195 del 1993, n. 508 del 2000, n. 327 del 2002- è desumibile dagli articoli 2, 3, 7, 8, 19 e
20 Costituzione ed implica che
“in materia religiosa lo Stato DEVE essere equidistante, imparziale
e neutrale”.
Sul punto vi
sono peraltro altre precedenti conformi pronunce, che citerò in prosieguo, ma è
importante riportare i seguenti brani, tratti dalla sentenza delle S.U. della
Cassazione civile n. 24.414/2021, che sono oramai da ritenere risolutivi in
ordine all’annosa questione della “legittimità”
o “illegittimità” dell’esposizione dei crocifissi negli Uffici Pubblici
italiani. Premetto che la sentenza n. 24.414/21 fa ovviamente riferimento all’
“art.
118 del regio decreto n. 965 del 1924”, che è un atto regolamentare
amministrativo che impone il crocifisso nelle aule scolastiche: le
motivazioni della pronuncia delle Sezioni Unite debbono dunque essere adattate
alla circolare fascista del Ministro di Grazia e Giustizia Rocco del 29.5.1926,
n. 2134/1867, che è anch’essa un atto amministrativo di portata GENERALE e che impone
anch’essa l’ostensione obbligatoria dei crocifissi nelle aule giudiziarie.
Riporto i
seguenti brani della sentenza delle S.U. n. 24.414/2021 che si attagliano anche
alla fattispecie dell’esposizione/imposizione dei crocifissi nelle aule
giudiziarie:
“11.4. - Il
problema della vigenza del regio decreto n. 965 del 1924 va tuttavia
affrontato anche sotto il profilo della compatibilità con la
Costituzione della previsione contenuta nell'art. 118…
11.5. - Nel
contesto ordinamentale nel quale la disposizione regolamentare fu emanata, con
la religione cattolica come sola religione dello Stato ed elemento
costitutivo della compagine statale e con il riconoscimento alla Chiesa e alla
religione cattolica di un preciso valore politico, come fattore di unità della
nazione, l'esposizione del crocifisso
nelle aule scolastiche aveva un carattere obbligatorio ed esclusivo
ed era espressione di quel regime
confessionale.
11.6. - Questa concezione viene ab imis
rovesciata con l'avvento della Costituzione repubblicana (o, al più
tardi, dopo la dichiarazione congiunta, in sede di Protocollo addizionale
all'Accordo di modifica del 1984 tra la Repubblica italiana e la Santa Sede, di
considerare "non più in vigore il principio, originariamente richiamato
dai Patti lateranensi, della religione cattolica come sola religione dello
Stato italiano", con chiara allusione all'art. 1 del Trattato del 1929 che
stabiliva:
"L'Italia
riconosce e riafferma il principio consacrato nell'art. 1 dello Statuto del
regno del 4 marzo 1848, pel quale la religione cattolica, apostolica e romana è
la sola religione dello Stato").
L'esposizione autoritativa del crocifisso nelle aule scolastiche non
è compatibile con il principio supremo di laicità dello Stato. L'obbligo
di esporre il crocifisso è espressione di una scelta confessionale. La
religione cattolica costituiva un fattore di unità della nazione per il
fascismo; ma nella democrazia
costituzionale l'IDENTIFICAZIONE dello Stato con una religione NON È PIÙ
CONSENTITA.
La Costituzione esclude che "la religione possa considerarsi
strumentale rispetto alle finalità dello Stato e viceversa" (Corte cost., sentenza n. 329 del 1997).
La Corte costituzionale (sentenza n. 334 del 1996), in tema di formula del giuramento
decisorio nel processo civile, ha
chiarito che la laicità implica che il valore della religione non può essere
messo a frutto dallo Stato per il raggiungimento delle sue finalità:
"[...] alla distinzione dell'ordine delle questioni civili da quello
dell'esperienza religiosa corrisponde [...], rispetto all'ordinamento giuridico
dello Stato e delle sue istituzioni, il divieto di ricorrere a obbligazioni di
ordine religioso per rafforzare l'efficacia dei propri precetti". La "distinzione tra “ordini”
distinti, che caratterizza nell'essenziale il fondamentale o “supremo”
principio costituzionale di laicità o non confessionalità dello Stato,
[...] significa che la religione e
gli obblighi morali che ne derivano non possono essere imposti come mezzo al
fine dello Stato". La religione appartiene infatti "a una
dimensione che non è quella dello Stato e del suo ordinamento giuridico, al
quale spetta soltanto il compito di garantire le condizioni che favoriscano la
libertà di tutti e, in questo ambito, della libertà di religione".
L'OSTENSIONE OBBLIGATORIA NELLA SCUOLA PUBBLICA, ex parte principis,
del CROCIFISSO, quale che
possa essere il significato che individualmente ciascun componente della
comunità scolastica ne possa trarre, È
quindi INCOMPATIBILE con la indispensabile distinzione degli ordini dello Stato
e delle confessioni.
La presenza obbligatoria del simbolo religioso si traduce in una
sorta di identificazione della statualità con uno specifico credo: si comunica e si realizza una
identificazione tra Stato e contenuti di fede, così incidendosi su uno degli aspetti più intimi della coscienza.
IL CROCIFISSO DI STATO nelle SCUOLE PUBBLICHE [ITALIANE] entra in CONFLITTO
anche con un altro corollario della laicità: L'IMPARZIALITÀ E
L'EQUIDISTANZA che devono
essere mantenute dalle pubbliche istituzioni nei confronti di tutte le
religioni, indipendentemente
da valutazioni di carattere NUMERICO, non essendo più consentita una DISCRIMINAZIONE basata sul maggiore o
minore NUMERO degli appartenenti all'una o all'altra di esse.
Ed entra in conflitto
con il pluralismo religioso come aspetto di un più ampio pluralismo dei valori:
LO SPAZIO PUBBLICO NON PUÒ essere OCCUPATO
da una SOLA FEDE RELIGIOSA, ancorché maggioritaria.
"L'autorità pubblica" - ha
osservato esattamente nelle conclusioni scritte l'Ufficio del Procuratore
Generale - "non può promuovere
con effetti vincolanti - e dunque con implicazione sanzionatoria per
chi entri in contrasto con quella prescrizione - un simbolo religioso, neanche con la semplice e “passiva”
esposizione silenziosa su una parete".
Va inoltre considerato
che la libertà religiosa è una
posizione giuridica soggettiva degli INDIVIDUI, magari raccolti in
formazioni sociali, mentre non
rappresenta esercizio di quella libertà IMPORRE l'AFFISSIONE del CROCIFISSO
alle pareti delle scuole pubbliche per effetto di una scelta del potere
pubblico. L'affissione AUTORITATIVA
del simbolo non è esplicazione della libertà religiosa positiva e, allo
stesso tempo, imponendo l'omogeneità
attraverso l'ESCLUSIONE implicita DI CHI IN ESSO NON SI RICONOSCE o comunque NON
DESIDERA SUBIRNE L'ESPOSIZIONE, COMPRIME
LA LIBERTÀ RELIGIOSA, nella
sua valenza NEGATIVA, del non credente.
La libertà religiosa NEGATIVA merita la stessa tutela e la stessa
protezione della libertà religiosa POSITIVA.
"Il nostro ordinamento costituzionale
- ha scritto la Corte costituzionale nella sentenza n. 117 del 1979, in
tema di formula del giuramento - esclude
ogni differenziazione di tutela alla libera esplicazione sia delle fede
religiosa sia dell'ateismo, non
assumendo rilievo le caratteristiche proprie di quest'ultimo sul piano teorico".
Secondo l'opinione prevalente, infatti, "la tutela della c.d. libertà di coscienza dei non credenti"
rientra "in quella della più ampia libertà in materia religiosa assicurata
dall'art. 19, il quale
garantirebbe altresì (analogamente a quanto avviene per altre libertà:
ad es. gli articoli 18 e 21 Cost.) la
corrispondente libertà 'NEGATIVA'.
Più in generale, la
Corte costituzionale ha affermato (con la sentenza n. 440 del 1995, in tema
di reato di bestemmia) che nella
"nostra comunità nazionale ... hanno da convivere fedi, CULTURE e
tradizioni diverse": insegnamento puntualmente ripreso dalla
giurisprudenza di questa Corte (Cass., Sez. I, 17 aprile 2020, n. 7893),
secondo cui, in virtù del principio
supremo di laicità dello Stato, è garantita la pari libertà di coscienza di
ciascuna persona che si riconosca in una fede, quale che sia la confessione di
appartenenza, ed anche se si tratta di un credo ateo o agnostico, di professarla
liberamente e di farne propaganda nelle forme ritenute più
opportune, attesa la previsione aperta e generale dell'art. 19 Cost…”
11.7. - E' questo, del resto, l'insegnamento che
proviene dalla comparazione con altre esperienze giurisprudenziali.
Il
Tribunale costituzionale federale tedesco (decisione 16 maggio 1995), nel
giudicare contrario al principio di neutralità dello Stato (oltre che
difficilmente compatibile con la libertà di religione dei ragazzi che non si
riconoscono nella religione cattolica) il regolamento dello Stato di Baviera che imponeva l'affissione del
crocifisso in tutte le aule scolastiche delle scuole popolari, ha
affermato che, anche quando collabora con le confessioni religiose, lo Stato non può pervenire ad una
identificazione con alcuna di queste. Le prescrizioni che impongono l'affissione del crocifisso obbligano
gli alunni delle scuole a partecipare alle lezioni confrontandosi di continuo
con il simbolo religioso, al
contrario di quanto avviene, ad esempio, nei casi in cui, come quando si
cammina per strada o si frequentano luoghi aperti al pubblico, non si viene
costretti ad un continuo contatto con tali simboli.
Secondo il Tribunale federale svizzero (sentenza 26 settembre 1990),
l'esposizione del crocifisso nelle aule delle scuole elementari non adempie
l'esigenza di neutralità prevista dalla Costituzione: la
laicità si riassume, infatti, in un obbligo di neutralità che impone allo Stato
di astenersi negli atti pubblici da qualsiasi considerazione confessionale
suscettibile di compromettere la libertà dei cittadini in una società
pluralista, il che assume particolare rilievo nella scuola pubblica, poiché l'insegnamento è OBBLIGATORIO
per tutti, senza alcuna distinzione tra confessioni.
11.9. - La COSTITUZIONE, che annovera tra i suoi
principi fondamentali il principio di laicità, ESCLUDE che il crocifisso possa
essere un simbolo IDENTIFICATIVO della Repubblica italiana.
Ciò che unisce il
popolo italiano, formato dall'insieme dei suoi cittadini in un determinato
momento storico, sono i valori, le istituzioni e i principi della Carta
costituzionale, la quale, con le sue risposte rigeneranti, disegna i tratti di
una società nuova indicandone le linee evolutive e alcuni potenziali traguardi.
La bandiera è l'unico dei simboli della Repubblica del quale la
Costituzione si occupa (art. 12).
"Individuando nel
“tricolore italiano” la bandiera della Repubblica ed erigendolo a simbolo
dell'unità nazionale, il Costituente ha escluso che tale strumento di
identificazione possa essere mutato dalla maggioranza politica del momento,
aggiungendovi, ad esempio, i simboli della propria ideologia, che non
riflettono, per necessità di cose, quella unità" (Corte cost., sentenza n.
183 del 2018).
La bandiera
"designa il nostro Stato e, eventualmente le idealità che esso propone al
confronto internazionale" (Corte cost., sentenza n. 183 del 2018, cit.).
"Non avendo lo Stato da imporre
valori propri, contenuti ideologici che investano tutti i cittadini, e
“totalmente” ogni singolo cittadino, le
bandiere valgono soltanto quale simbolo identificatore d'un determinato Stato
e, se mai, di precisi, inconfondibili ideali dai quali muove il popolo e,
conseguentemente, la sua sovranità" (Corte cost., sentenza n. 189 del
1987).
Elevato valore
simbolico è riconosciuto dalla Costituzione anche al Presidente della
Repubblica che, in base all'art. 87 Cost., rappresenta l'unità nazionale.
12. - L'ESPOSIZIONE DEL CROCIFISSO NON È PIÙ
UN ATTO DOVUTO, NON ESSENDO COSTITUZIONALMENTE CONSENTITO IMPORNE LA PRESENZA.”
Sulla base
di tali motivazioni delle S.U. avanzo le seguenti
CONCLUSIONI in merito alla PRIMA RICHIESTA
“Premesso che i principi che le Sezioni Unite della
Cassazione hanno addotto a sostegno dell’ILLEGITTIMITÀ dell’ “esposizione/imposizione”
del crocifisso nelle aule scolastiche debbono applicarsi -per IDENTITA’ di
MOTIVAZIONI- all’“esposizione/imposizione” del crocifisso nelle aule giudiziarie,
perché anch’essi incompatibili col principio di supremo di laicità e dei
diritti individuali di eguaglianza, di coscienza e di libertà religiosa dei
singoli cittadini che sono OBBLIGATI a frequentarle, CHIEDO che il Ministro di
Giustizia ordini la rimozione di TUTTI i crocifissi da TUTTE le aule, posto che
il rispetto del principio supremo di laicità (ma anche l’OBBLIGO di IMPARZIALITA’ imposto ai Giudici dall’art. 111
della Costituzione) implica che i Giudici, nell’espletare le loro funzioni,
non possono essere costretti dall’
“alto” ad identificarsi in nessun simbolo religioso PARTIGIANO (neppure a
livello subliminale o apparente) e che, inoltre, nelle aule giudiziarie debbono
essere sempre rispettati i diritti di libertà di coscienza, di libertà di
religiosa (anche negativa) e di eguaglianza e non discriminazione di tutti
coloro che, per ragioni di lavoro (ad es.: giudici, cancellieri, impiegati) o
per esercitare diritti (ad es.: imputati, parti civili etc.) o per adempiere
obblighi di legge (ad es.: testimoni, consulenti etc.), sono OBBLIGATI a
frequentare le aule giudiziarie.
In sintesi ritengo
che la circolare del Ministro fascista Rocco del 29.5.1926, n. 2134/1867, deve
ritenersi tacitamente ABROGATA, ex
art. 15 delle disposizioni preliminari al codice civile (cd. preleggi)
per “incompatibilità
sopravvenuta” con tutte le citate norme della Carta Costituzionale del
1948. Il mio convincimento è confortato dalla Cassazione penale che, con la
sentenza n. 439 del 2000, ha assolto un presidente di seggio che si
era rifiutato, per libertà di coscienza, di svolgere le funzioni di
presidente di seggio a causa della presenza generalizzata dei crocifissi nelle
aule dei seggi elettorali ancorché -si badi bene- il crocifisso fosse
ASSENTE nel suo seggio di appartenenza.
Anticipo
pertanto che, sino a che non intervenga un ordine di rimozione generalizzata
dei crocifissi da tutte le aule giudiziarie, persisterò nel mio rifiuto di
deporre come teste sulla base delle stesse identiche motivazioni addotte dalla
Cassazione penale nella sentenza n. 439/2000: anch’io, infatti, sono informato
al rispetto del principio supremo di laicità e, inoltre, intendendo autotutelare
i miei diritti di libertà religiosa e di eguaglianza e non discriminazione
allorquando sono chiamato ad esercitare pubbliche funzioni (nella specie: di
testimone) alle quali non posso sottrarmi, sia per obbligo di legge che per
dovere civico.
Puntualizzo
che con la sent. n. 439/2000 la Cassazione penale ha chiarito che il rispetto
del principio supremo di laicità NON è salvaguardato dall’assenza OCCASIONALE
di UNO o più crocifissi in UNA o più aule: è pertanto chiaro che l’
“éscamotage” dell’ “aula-ghetto” non
sortirà l’effetto sperato, perché seguiterò a rifiutarmi sino a che non
verranno rimossi TUTTI i crocifissi da TUTTE le aule di giustizie italiane. Il
rispetto del principio supremo di laicità -ha chiosato infatti la Cassazione-
impone che lo Stato rimuova TUTTI i CROCIFISSI da TUTTI i SEGGI
ELETTORALI”, anche perché -ribadisco- delle due l’una: o
l’esposizione del crocifisso è LECITA, ma è allora ILLECITO rimuoverlo anche da
una sola aula per farmi un “favore”, oppure l’esposizione del crocifisso è
ILLECITA, ma allora esso va rimosso da TUTTE le aule di TUTTI i tribunali, e
non temporaneamente da una SOLA aula, per fare un FAVORE ai cattolici, alla Chiesa
Cattolica e al Papa.
L’Italia è
una Repubblica fondata sul principio della “LEGALITÀ” (artt. 101 e 97 della
Cost.), e non una Repubblica delle Banane fondata sull’applicazione o
disapplicazione delle norme a piacimento del Giudice o della Pubblica
Amministrazione: nessuno può essere favorito o vessato disapplicando i
fondamentali precetti secondo i quali “la Legge è uguale per tutti” e “tutti
sono uguali di fronte alla Legge”: se il casco è obbligatorio, lo è per tutti e
non E’ LECITO che i Giudici o la P.A. facciano eccezioni per favorire il figlio
del questore o del ministro.
Ritengo
pertanto che, mutatis mutandis, il
Ministro di Giustizia abbia l’OBBLIGO -di natura Costituzionale- di rimuovere
TUTTI i crocifissi da TUTTE le AULE GIUDIZIARIE e che, da parte sua, il Ministro
della Pubblica Istruzione abbia lo stesso OBBLIGO -di natura Costituzionale- di rimuovere TUTTI
i crocifissi da TUTTE le AULE delle SCUOLE PUBBLICHE (nulla quaestio, invece, per le scuole private religiose).
Dovrei
pertanto essere fiducioso che l’On.le Marta Maria Carla Cartabia, approdata al
Ministero di Giustizia dalla Presidenza della Corte Costituzionale, non abbia
difficoltà alcuna ad ordinare l’immediata rimozione dei crocifissi al fine di rispettare
il principio supremo di laicità e di consentirmi così di espletare il mio
dovere legale e civico di deporre come teste nel pieno rispetto dei miei
diritti di libertà di coscienza, di religione e di eguaglianza.
Non posso nascondere che questa mia “fiducia”
nell’operato del Ministro di Giustizia è scalfita dalla circostanza che la
Corte Costituzionale, con il Collegio da Lei presieduto e con la partecipazione
attiva del Giudice Costituzionale Giuliano Amato, ha sancito, con sent. n.
52 dell’anno 2016, che gli “atei” -ma anche gli islamici- sono indegni di stipulare intese con lo Stato
e di partecipare quindi alla scelta, da parte dei contribuenti, della
destinazione a loro favore dell’8 per mille. Questa sentenza, che ha discriminato
e discrimina gli atei -ma anche gli islamici e qualsiasi altra ideologia
religiosa “non gradita” dal Governo Italiano- la ritengo VERGOGNOSA e lesiva
dei più elementari diritti di EGUAGLIANZA e NON DISCRIMINAZIONE, anche perché
tali elementari DIRITTI inviolabili erano stati riconosciuti all’UAAR (e di
riflesso agli islamici) sia dal Consiglio di Stato che dalle Sezioni Unite
della Cassazione, sicché mi chiedo -da semplice cittadino italiano- quali possano essere le legittime aspirazioni
a ricoprire la suprema carica di Presidente della Repubblica, posto che questa
figura istituzionale implica il rigoroso rispetto della imparzialità, della neutralità
e dei diritti umani: e sotto questo profilo non mi consta che gli atei e i musulmani
siano esseri “inferiori”, come tali indegni di stipulare intese e di
partecipare conseguenzialmente alla scelta e distribuzione dell’8 per mille.
Mi conforta
aver però constatato che il Giudice Costituzionale dott. Giorgio Lattanzi,
valente Magistrato della Cassazione nonché relatore del conflitto di
attribuzione sollevato dal Governo Italiano davanti alla Corte Costituzionale,
si sia rifiutato -o comunque sia stato dispensato dalla redazione della
sentenza n. 52/2016- perché in evidente disaccordo col “principio di diritto”
secondo il quale “il Governo italiano è libero di scegliere di stipulare o non stipulare
intese con le associazioni religiose richiedenti, precludendo quindi la loro
partecipazione all’8 per mille, trattandosi di un atto “politico” che
non è sindacabile dai Giudici italiani”.
Visto che
oggi ricorre la “giornata della memoria”
(corta), consiglierei provocatoriamente al Governo italiano di revocare l’intesa stipulata con la
Comunità Ebraica adducendo la stessa, vergognosa e razzistica
motivazione: e cioè che il Governo Italiano può fare quello che vuole e che le
Religioni escluse non hanno neppure il diritto di rivolgersi alla Magistratura
Italiana per reclamare il rispetto del diritto di libertà religiosa e di
eguaglianza religiosa. Una vera vergogna, consumata nell’indifferenza della
Stampa, dei Giuristi e della Rai-Tele-Vaticano.
Soggiungo
che TUTTI i principi che sono stati affermati
dalle SS.UU. della Cassazione nella sentenza n. 24.414/2021 risultano già
affermati da altre pronunce, di cui segnalo le più significative:
a) sent. della Cass.
pen. n. 4273 del 1.3.2000: “l’esposizione
del crocifisso o di altri simboli religiosi nei seggi elettorali, anche
se non esposto nel seggio di appartenenza, costituisce giustificato motivo di RIFIUTO dell'ufficio
di presidente, di scrutatore o di segretario”;
b) ordinanza del
Consiglio Superiore della Magistr. n. 12/2006: “l’esposizione del crocifisso
nella aule di giustizia contrasta col principio supremo di laicità dello Stato
perché costituisce
un’utilizzazione di un simbolo religioso come mezzo per il perseguimento
di finalità dello Stato”;
c) sent. del Cons. Sup. Magistr. n.
88/2010: “l’obbligo di esercitare la
giurisdizione sotto la tutela simbolica del crocifisso determina la
lesione diretta del fondamentale diritto soggettivo di libertà
religiosa del magistrato”;
e) sent. del Tribunale Federale della Svizzera del 26
settembre 1990: “L'esposizione del crocifisso nelle aule delle scuole
elementari viola il principio di laicità che impone allo Stato l’obbligo di
neutralità in materia religiosa”;
f) sentenza della Bundes VerfassungsGericht (Corte
costituzionale federale tedesca) del 16 maggio 1995: “E’ illegittima l'affissione obbligatoria del crocifisso nelle aule
scolastiche della Baviera ed integra una "profanazione della
croce" non considerare questo simbolo in collegamento con uno specifico
credo”;
g) sent. Corte
di Appello di L’Aquila n. 2072 del 5.7.2012:
“L'imputato ed i suoi difensori hanno il
diritto a presenziare e ad esercitare le proprie prerogative difensive in
un'aula di giustizia priva di espliciti simboli religiosi: tale diritto
è espressione e manifestazione dei diritti primari, costituzionalmente
riconosciuti, di libertà di coscienza, di libertà di
religione e di uguaglianza, oltre che del principio di laicità
dello Stato al quale è pacificamente ispirata la Costituzione repubblicana,
e deve essere adeguatamente garantito attraverso la concreta ed effettiva
celebrazione del processo in un'aula priva di crocifisso od altri
simboli religiosi”.
h) Ordinanza 22.10.2003 del giudice del Tribunale de L’Aquila dott. Mario
Montanaro:
“Le
giustificazioni addotte per ritenere non in contrasto con la libertà di
religione l’esposizione del crocifisso nelle scuole (e negli uffici pubblici),
così come di ogni altra forma di confessionalismo statale, sono divenute ormai
giuridicamente inconsistenti, storicamente e socialmente anacronistiche,
addirittura contrapposte alla trasformazione culturale dell’Italia e,
soprattutto, ai principi costituzionali che impongono il rispetto per le
convinzioni degli altri e la neutralità delle strutture pubbliche di fronte
ai contenuti ideologici.
Proprio perché è in questione
non solo la libertà di religione degli alunni, ma anche la neutralità di
un’istituzione pubblica,
non
è possibile prospettare una realizzazione del principio di laicità dello Stato
e, quindi, della libertà di religione dei consociati “a richiesta”, ma
piuttosto deve essere connaturato all’operare stesso dell’amministrazione
pubblica.”
Ci tengo a
sottolineare che quest’ultima ordinanza del Giudice dott. Mario Montanaro del
22.10.2003, che considero una delle migliori sul tema dell’ostensione dei
crocifissi, ha trovato oggi piena conferma nella sentenza delle Sezioni Unite
della Cassazione.
Mi corre
tuttavia l’obbligo di ricordare che il Giudice Montanaro, per aver scritto
questa ordinanza che aveva reso giustizia a tre piccoli islamici, vittime di
lerci atti di razzismo religioso da parte di una Direttrice scolastica e da
parte della Sindaca catto/fascista di Ofena, è stato vittima di minacce di
morte e di vergognosi insulti perpetrati col classico coraggio del branco da
parte di personaggi delle cd. “Istituzioni”.
Ricordo che il Ministro della
Giustizia Castelli dispose un'intimidatoria ispezione a carico del Giudice
Montanaro bollando la sua ordinanza come un "provvedimento abnorme", "ricordando di aver ricevuto da Adel Smith la strampalata richiesta
-cui ovviamente non aveva dato seguito- di togliere i crocifissi dalle
aule giudiziarie" (!!!!!!).
Ricordo che il cattolico Presidente
della Repubblica Carlo Azelio Ciampi scagliò i suoi strali contro il giudice
Montanaro, caldeggiando pubblicamente la riforma della sua ordinanza,
censurandola nel merito e “dimenticandosi” di rivestire la carica istituzionale
di Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura e, quindi, di garante
dell' indipendenza e dell'imparzialità dei giudici.
Ricordo che l'On.le Pierluigi
Castagnetti dileggiò il giudice Montanaro, bollando la sua ordinanza come
"una sentenza priva di
intelligenza, buonsenso e legittimità".
Ricordo che il leghista On.le Roberto
Maroni offese il giudice Montanaro bollando la sua ordinanza come "una sentenza aberrante, che va cancellata al
più presto perché un giudice non può cancellare millenni di storia".
Ricordo che Roberto Calderoli -l’illustre
personaggio aduso a far pascolar maiali sui suoli dove debbono essere erette
moschee- offese il giudice Montanaro bollando la sua ordinanza come "una bestemmia, le cui motivazioni gli
appaiono ancor più gravi".
Ricordo che il Vice Presidente del
Consiglio Superiore della Magistratura Virginio Rognoni censurò l'operato e la
professionalità del dott. Montanaro dichiarando di "essere disorientato e preoccupato".
Ricordo che il Vicepresidente del
Consiglio dei Ministri Fini offese il dott. Montanaro bollando il suo
provvedimento come una "decisione
assurda e sconcertante, operata da un magistrato evidentemente in cerca di
notorietà, che offende i sentimenti profondi della stragrande maggioranza degli
italiani".
Ricordo che il Ministro dell'Interno
Pisanu dichiarò di "sentirsi offeso
dalla sentenza del giudice Montanaro, sia come cristiano che come cittadino: il
crocifisso, infatti, non è solo il simbolo della mia religione, ma anche
l'espressione più alta di 2000 anni di civiltà" (crociate, roghi di
eretici, streghe, scienziati, stragi e ghettizzazioni di ebrei, rapimenti di
bambini ebrei a scopo di conversioni coatte, etc.: n.d.r.).
Ricordo che il segretario dell'UDC
Follini offese il dr. Montanaro bollando il suo provvedimento come un "errore clamoroso, che colpisce i sentimenti
delle persone senza aggiungere nulla alla piena autonomia delle istituzioni".
Ricordo che il capogruppo centrista
alla Camera Volonté offese il dr. Montanaro definendo la sua ordinanza come
"sconcertante, oltre che sbagliata e
invitando l'Avvocatura di Stato e il Ministro Moratti ad intervenire in sede
giudiziaria per tutelare le leggi e la morale civile” (???).
Ricordo che il Sindaco DS di Roma
Veltroni offese il dr. Montanaro bollando il suo provvedimento come "sentenza priva di intelligenza, che non
aiuta l'integrazione"?
Ricordo che l'On.le Sandro Bondi di
Forza Italia offese il dr. Montanaro invocando addirittura "l'intervento del Parlamento (non, per
fortuna, quello dell'ONU) per ristabilire
la sovranità popolare e la democratica rispetto a decisioni come quella assunta
da un funzionario dell'ordine giudiziario che offendono i valori fondamentali
della nostra (?) storia, della nostra
(?) cultura e della nostra (?) identità nazionale".
Ricordo che l'On.le Francesco
Storace, Presidente della regione Lazio e quotato giurista, offese il dr.
Montanaro dichiarando di aver "provato
una fortissima indignazione per la sentenza dell'Aquila, che è la logica
conseguenza di una grave tendenza che punta alla negazione di valori che fanno
parte della tradizione italiana ed europea. E' bene che si cominci a dire forte
e chiaro che i cattolici non possono essere considerati ospiti (???) in Italia".
Ricordo che l'On.le Gianni Alemanno,
ministro delle politiche agricole, espresse pubblica "indignazione per la sentenza del giudice Montanaro: aprire alle altre
culture non può e non deve significare la cancellazione (????????) della nostra (????) identità italiana" (???).
Ricordo che il Sottosegretario
all'interno On.le Alfredo Mantovano offese in modo ignobile il dr. Montanaro,
dichiarando che "la sua sentenza è
indicativa non solo del grado di impudenza raggiunto nella distorsione
del diritto positivo, ma, di più, dell'ansia di onnipotenza che anima
taluni giudici".
Ricordo che l' Avv. perugino Giacomo
Perrone e il dott. Gianfranco Sassi, magistrato in pensione, offesero in modo
ignobile il dr. Montanaro, invitando il Ministro di Giustizia Castelli a
promuovere azione disciplinare nei suoi confronti e "denunciando la natura prettamente politica della decisione, che
contrasta con i principi dell'ordinamento dello Stato e con la normativa
vigente, emessa per di più su ricorso del Presidente dell'Unione Musulmani
d'Italia, autore di un grave atto di ostilità, e bollandola come un' "abnorme pronuncia giudiziaria, chiaramente
parziale, e come tale lesiva del prestigio della magistratura (esiste un
giudice a Berlino, ma, non certo, nella specie, a L'Aquila".
Ricordo che con la solita inaccettabile
ingerenza negli affari interni della Repubblica Italiana, il Segretario della
Conferenza Episcopale Italiana Mons. Betori, dando dimostrazione di eccellenza
nelle scienze giuridiche, redarguì il dr. Montanaro dichiarando che "la Croce è un simbolo irrinunciabile per il
popolo italiano (quale?) e che la
sentenza del giudice Montanaro è in contraddizione con una legge vigente dello
Stato, che nessun Parlamento ha mai cambiato, tanto meno la Costituzione".
Ricordo che il Vice Presidente della
Camera On.le Clemente Mastella, altro raffinato Giurista, vilipese il giudice
Montanaro bollando la sua ordinanza come "un errore storico e culturale, che non aiuta l'integrazione e
interpreta in modo sbagliato il pluralismo religioso. Togliere oggi il
crocifisso dalle aule delle scuole significa non avere rispetto per valori che
per noi (noi chi?) sono fondamentali"?
Chiuse le
argomentazioni relative alla prima richiesta, passo alla seconda richiesta che formulo
solo in via subordinata.
B.
SECONDA
RICHIESTA: In via subordinata chiedo di esporre nelle aule giudiziarie il
logo dell’UAAR, la menorà ebraica e la croce
gammata giainista, induista, buddista, taoista, shintoista,
confucianista, amerindica Navajo, Papago, Apache
ed Hopi.
MOTIVAZIONE della RICHIESTA.
La richiesta
subordinata scaturisce dalla circostanza che le S.U. della Cassazione,
disattendendo le argomentazioni e conclusioni della Procura Generale, hanno
ritenuto che, nonostante l’ostensione del crocifisso sia da ritenere incompatibile
col principio supremo di laicità, si possa comunque dare una interpretazione
dell’art. 118 del Regio decreto n. 965 del 1924 che sia “conforme” alla
Costituzione del 1948. Le S.U. sostengono, in sintesi, che il crocifisso non
può essere esposto/imposto “dall’alto -cioè da parte dello Stato- ma che l’art.
118 del R.D. fascista del 1924 possa essere “interpretato” nel senso che la
richiesta dell’esposizione di uno o più simboli religiosi (non necessariamente
il crocifisso) possa provenire “dal basso”, cioè da parte degli studenti o di
altro personale docente o non docente. In questo caso, però, le S.U.
“chiariscono” che l’esposizione di uno o più simboli religiosi DEVE essere
“concordata” tra tutti coloro che frequentano le aule, tenendo conto del
seguente principio: “la maggioranza non può imporre la sua scelta
alla minoranza, anche di una sola persona, e la minoranza non può opporre il
veto, anche di una sola persona, alla maggioranza”.
Questa
decisione è stata oggetto di critiche da parte di tutti i fronti contrapposti.
Personalmente
non condivido questa “interpretazione” che mira a “salvare” una norma della
Dittatura fascista per renderla “compatibile” con la Costituzione Repubblicana.
Le ragioni della mia non condivisione sono le seguenti:
1.
In primo luogo la Cassazione non ha fornito una
“interpretazione” dell’art.
118 del R.D. n. 965/1924 conforme alla Costituzione repubblicana del 1948, ma
ha in realtà creato, ex novo, una norma regolamentare
dapprima inesistente. Infatti
l’art. 118 R.D. n. 965-1924 così dispone: “Ogni
istituto ha la bandiera nazionale; ogni aula, l'immagine del Crocifisso e il
ritratto del Re.”
Con la
“nuova interpretazione”, suggerita dalle SS.UU., l’art. 118 deve essere riletto
in questo modo: “In ogni aula possono
essere esposti uno o più simboli religiosi, su istanza degli alunni o del
personale docente o non docente, previo accordo tra le parti richiedenti e/o
non richiedenti. L’accordo si deve raggiungere con un amichevole dialogo,
tenendo conto del principio secondo cui la maggioranza non può prevaricare le
minoranze o il singolo e le minoranze o i singoli non possono opporre un veto
alla maggioranza.”
Dalla riformulazione
dell’art. 118 del R.D. emerge, in modo eclatante, che le S.U. non hanno in
realtà “interpretato” questa norma -che imponeva soltanto l’esposizione del
solo crocifisso su impulso dello Stato- ma hanno creato una norma regolamentare
che è del tutto diversa e che la Cassazione non poteva creare, posto che
l’emanazione degli atti amministrativi (regolamentari o meno che siano) è una prerogativa esclusiva della
Pubblica Amministrazione, e non dei Giudici.
In sostanza
la Corte di Cassazione ha travalicato i suoi poteri giurisdizionali, invadendo
la sfera di attribuzioni della Pubblica Amministrazione. Si tratta di un vizio
di “conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato”, che sarebbe ricorribile
davanti alla Corte Costituzionale: tuttavia, dal momento che la statuizione
delle SS. UU. costituisce un mero “obiter
dictum”, posto che l’oggetto della causa e le parti coinvolte non erano gli
studenti contro il M.I.U.R., bensì un insegnante che impugnava un provvedimento
disciplinare, si deve a mio avviso ritenere che la sentenza delle S.U. non sia
affatto vincolante per la P.A.
D’altro
canto le pareti delle aule scolastiche appartengono allo Stato/Pubblica
Amministrazione, la quale è arbitra di disporne l’uso, anche a favore di
privati, ma non è certamente obbligata ad ottemperare alle decisioni di Giudici
che impongano alla P.A. di destinarle ad un determinato uso, oltretutto
“privatistico”, come quello della esposizione di simboli religiosi personali
(ma il discorso è valido anche per i simboli politici, sportivi o di altra
natura).
2.
In secondo luogo la “soluzione mite” prospettata
dalla Cassazione risulta di impossibile attuazione e ricorda, per certi versi,
il paradosso del comma 22: infatti, se la maggioranza non può imporre la sua volontà alla minoranza o al
singolo e se la minoranza o il singolo non può opporre il veto alla maggioranza,
ci si trova chiaramente in una situazione di stallo, nella quale è impossibile
prendere una decisione perché essa risulterebbe in ogni caso illegale.
3.
In terzo luogo la Cassazione non ha tenuto conto
del fatto che per costante giurisprudenza della Corte Costituzionale e della CEDU
nessuno può essere costretto a
manifestare i propri convincimenti religiosi. Da tale principio
scaturisce che, in presenza di una richiesta di esposizione di un simbolo
religioso, magari da parte di uno sparuto gruppo di studenti o insegnanti, nessuno potrebbe costringere i non richiedenti
a manifestare il dissenso o il consenso, perché questa pretesa
implicherebbe un’implicita manifestazione degli orientamenti religiosi o atei
dei non richiedenti i quali, a buon diritto, potrebbero anche replicare dicendo
“che
sono venuti a scuola per studiare e apprendere, e non per venerare o ammirare
gli idoli degli altri appesi alle pareti scolastiche”. L’obbligo della
frequenza delle scuole non implica infatti che si possano esercitare atti di
devozione o di culto o di propaganda che non hanno alcuna attinenza con gli
studi e che possono essere esercitati solo sulla propria persona o in altre
sedi (templi, luoghi pubblici, casa propria etc.).
4.
In quarto luogo la Cassazione non ha tenuto
conto della circostanza che vi sono numerose religioni che, a differenza dei cattolici,
aborrono l’idolatria (ad esempio gli ebrei). Non si vede, pertanto, come si
possa costringere qualcuno, che
aborre l’idolatria per intimo convincimento religioso, a frequentare
uffici pubblici dove lo Stato autorizza la pratica dell’idolatria. In questo
caso non vale infatti la regola della “tolleranza” dei simboli altrui, perché
questi simboli idolatri non vengono esposti sulla persona degli alunni o in
luoghi aperti al pubblico, ma in uffici ed aule pubbliche che chi aborre
l’idolatria è costretto a
frequentare per adempiere agli obblighi scolastici o di lavoro o per esercitare
dei diritti. D’altro canto le scuole e i Tribunali laici non sono luoghi istituzionalmente
deputati al culto, bensì luoghi dedicati allo studio e all’apprendimento e
all’amministrazione della giustizia, sicché non sussiste alcuna esigenza -da
parte degli utenti- di “marcare” le pareti pubbliche con finalità di dominio.
La marcatura degli uffici pubblici con i crocifissi, infatti, non è un atto
anodino, ma è un atto di squallida ed arrogante prevaricazione che si pone
sullo stesso piano delle marcature territoriali che cani, lupi, gatti ed altri
animali son soliti fare, generalmente con getti di orina o feci, per appropriarsi di uno spazio
vitale e per escludere TUTTI gli altri esseri della stessa specie (nel caso di
specie, nell’ottica cattolica, i
“diversi”: cioè i “pagani”, gli “infedeli” etc.).
5.
In quinto luogo l’argomentazione della
Cassazione, secondo cui l’ostensione del maggior numero di simboli religiosi in
ambito scolastico (o giudiziario) favorirebbe l’ “integrazione”, la “pace” e la
“reciproca tolleranza” di persone che appartengono a religioni differenti, non
appare condivisibile né tanto meno in linea con la realtà che TUTTI abbiamo sotto gli occhi: se si considera,
infatti, che negli stadi di calcio le tifoserie vengono addirittura separate
per evitare risse e pestaggi, c’è da chiedersi come si possa ipotizzare che la
contemporanea ostentazione di simboli religiosi, che magari identificano popoli
in perenne ostilità e guerra, possa giovare alla convivenza pacifica e alla reciproca
tolleranza. Sotto questo profilo è stato molto più illuminato il Consiglio
superiore della Magistratura che, con l’ordinanza n. 14/2005, si è espresso in
senso diametralmente opposto a quanto congetturato dalla Cassazione, e cioè:
“Se è vero che sul
piano teorico il principio di laicità è compatibile sia con un modello di
equiparazione verso l’alto (laicità per addizione), che consenta a ogni
soggetto di vedere rappresentati nei luoghi pubblici i simboli della propria
religione, sia con un modello di equiparazione verso il basso (laicità per
sottrazione) che prevede l’assenza di qualsiasi simbolo, la scelta tra i due
modelli esige che siano valutati una pluralità di profili, primo fra tutti quello
della concreta praticabilità, ma
anche quelli più delicati del bilanciamento tra l’esercizio della libertà
religiosa da parte di alcuni utenti del luogo pubblico con l’analogo esercizio
della libertà negativa da parte dell’ateo o del non credente (conflitto che, come si è osservato, non
può essere risolto ricorrendo al dato quantitativo o statistico) e
l’ulteriore bilanciamento tra garanzia del pluralismo e POSSIBILI CONFLITTI TRA UNA PLURALITÀ DÌ IDENTITÀ RELIGIOSE TRA LORO
INCOMPATIBILI.”
CONCLUSIONI in merito alla SECONDA RICHIESTA
Per i motivi sopra esposti, pur ritenendo che la legalità
debba essere ripristinata con la rimozione dei crocifissi, e non con la ridicola
aggiunta di altri simboli, CHIEDO, ai fini del rispetto del diritto di
eguaglianza e non discriminazione, che vengano esposti nelle aule giudiziarie
italiane il logo dell’UAAR, la menorà ebraica e la croce gammata giainista, induista, buddista, taoista, scintoista, confucianista,
amerindica Navajo, Papago, Apache ed Hopi.
Si tratta
di simboli dotati della stessa “passività” che viene attribuita al crocifisso,
come potrà essere agevolmente provato esponendo sopra la testa del Giudice la
croce gammata -alias svastica- delle succitate religioni. Sicuramente nessuno
proverà turbamento o si sentirà condizionato: d’altro canto è notorio che i
manifesti pubblicitari non vengono affissi per indurre all’acquisto dei
prodotti o per far votare un partito politico, ma per finalità ludiche, al pari
delle bottiglie di Coca Cola che quotidianamente vediamo esposte sulle
scrivanie, a fianco dei giornalisti della RAI che diffondono i telegiornali.
SULLA LEGITTIMITA’ DELL’ESPOSIZIONE DEL SIMBOLO DELL’UAAR
Una
notazione merita l’esposizione del logo dell’UAAR, posto che, come sopra visto,
con sentenza n. 52/2016 la Corte Costituzionale presieduta dall’attuale
Ministro di Giustizia e composta anche dal Giudice Giuliano Amato, attuale
presidente della Consulta, ha sancito che l’UAAR non può stipulare intese né
permettere ai propri associati di devolverle l’8 per mille -al pari dei
musulmani- posto che il Governo Italiano, nella sua insindacabile decisione, ha deciso di escluderli da tali
diritti.
Per questo
motivo ritengo doveroso esporre alla Ministra di Giustizia On.le Cartabia,
notoriamente cattolica e vicina al movimento ecclesiale di Comunione e
Liberazione, nonché sostenitrice della difesa della “laicità positiva” dello
Stato, ossia del diritto alla esposizione di simboli religiosi in spazi
pubblici, nonché contraria ai matrimoni gay, quali sono i “VALORI” umani, storici e culturali che contraddistinguono
gli Atei Italiani e l’Associazione più rappresentativa, ovvero l’UAAR, di cui
sono associato:
[1]
L’UAAR,
a differenza del crocifisso cattolico, aborre le crociate e gli stermini e
stupri degli infedeli, stermini e stupri che oggi vengono contrabbandati dai
revisionisti cattolici come “leggende nere” perché, in realtà, si sarebbe
trattato di semplici “pellegrinaggi
armati” che i pellegrini cristiani effettuavano di tanto in tanto in
Terra Santa per far visita ai luoghi santi, magari sterminando, trucidando e
stuprando i musulmani e gli ebrei, ma questo solo a fine di bene, e cioè per
visitare i luoghi Santi;
[2]
L’UAAR, a differenza del crocifisso
cattolico, non crede all’esistenza delle streghe, della stregoneria e dei diavoli,
ed aborre pertanto le incarcerazioni, le torture, le pene e i roghi sui quali
sono state fatte ardere centinaia di migliaia di “streghe” ad opera dei
cristiani;
[3]
L’UAAR, a differenza del crocifisso
cattolico, considera la libertà di pensiero, di opinione e di religione come
diritti inviolabili dell’uomo e, pertanto, aborre la punizione, le condanne, gli
stermini, le incarcerazioni, le torture, le pene e i roghi sui quali sono stati
fatti ardere milioni di innocenti “eretici”, atei, “bestemmiatori” (?),
apostati e scienziati;
[4]
L’UAAR, a differenza del crocifisso
cattolico, considera le donne eguali ed aventi pari dignità e pari diritti rispetto
agli uomini e, quindi, aborre le discriminazioni perpetrate dalla Chiesa ai
danni delle donne, ritenute esseri inferiori agli uomini, fonti di sciagura e
di peccato, prive di “anima”, indegne di ricoprire cariche politiche (solo ai preti,
ai vescovi e ai papi sono riservate le cariche politiche e i relativi
emolumenti), indegne di percepire stipendi, indegne di espletare le funzioni di
giudici, esseri sostanzialmente destinati alla sola procreazione e schiave dei
mariti;
[5]
L’UAAR, a differenza del crocifisso
cattolico, aborre la pedofilia e la copertura omertosa dei preti pedofili, pedofilia
e copertura omertosa che sono state praticate a livello planetario dai vertici
della Chiesa Cattolica, cioè vescovi, cardinali e Papi;
[6]
L’UAAR, a differenza del crocifisso
cattolico, aborre la schiavitù e la tratta dei neri, ammessa anche dai Papi
sino alla fine del 1.800;
[7]
L’UAAR, a differenza del crocifisso, aborre
le leggi razziali catto/fasciste e catto/naziste, promulgate col tripudio della
Chiesa e della “Civiltà Cattolica” in combutta col criminale cattolico Adolf Hitler
e col criminale Benito Mussolini, inviato in Italia direttamente dalla “Divina
Provvidenza”;
[8]
L’UAAR, a differenza del crocifisso, aborre
stipulare concordati e intrattenere amichevoli rapporti con le Dittature Catto/Nazi/Fasciste,
come quelle di Hitler, di Mussolini, di Francisco Franco, di Salazar, di
Pinochet e di Videla, quello che gettava i desaparecidos dagli aerei;
[9]
L’UAAR, a differenza del crocifisso, aborre
aiutare a fuggire in Sud America e a sottrarsi alla Giustizia internazionale i
criminali nazisti, autori di crimini di guerra, facendoli imbarcare da Genova e
fornendo loro falsi passaporti e falsi abiti talari;
[10]
L’UAAR, a differenza del crocifisso
cattolico, aborre la pratica del rapimento dei bambini ebrei, praticato fino al
1955 allo scopo di indottrinarli coattivamente alla religione cattolica nella
Casa dei catecumeni (vedi il caso Edgardo Mortara, bambino ebreo di sei anni,
rapito dall’Inquisitore padre Feletti nel 1858 su ordine del criminale Papa Pio
IX; vedi il caso degli orfanelli Robert e Gérald Finaly, anno 1955, rapiti e
sequestrati in Francia e poi nella Spagna del dittatore Francisco Franco con la
fattiva collaborazione dell’allora Cardinal Montini, poi nominato Papa Paolo
VI);
[11]
L’UAAR, a differenza del crocifisso
cattolico, aborre santificare e nominare “Padri della Chiesa” dei criminali del
calibro di San Roberto Bellarmino, l’inquisitore artefice dell’assassinio sul
rogo di Giordano Bruno e della condanna di Galileo Galileo, rei di aver
affermato un’ “eresia”, e cioè che il Sole non gira attorno alla Terra;
[12]
L’UAAR, a differenza del crocifisso
cattolico, aborre le truffe perpetrate ai danni delle persone fragili e a fini
di lucro e con abuso della credulità popolare, attraverso centinaia di migliaia
di false reliquie, di falsi miracoli, di falsi “sangui” di San Gennaro, di
false Sindoni, di false “case di Loreto”, di false apparizione delle madonne,
di false stigmate di falsi impostori, anche santificati (vedi Padre Pio);
[13]
L’UAAR, a differenza del crocifisso
cattolico, aborre la persecuzione, la ghettizzazione, gli stermini, le
espropriazioni, i vilipendi, le prediche coatte, le imposizioni di simboli
distintivi e tutte le altre lerce
angherìe e ingiurie che sono state perpetrate, per più di un millennio, ai
danni degli ebrei, ridicolmente accusati del delitto di …. “deicidio”;
[14]
L’UAAR, a differenza del crocifisso
cattolico, aborre la pratica dei deliranti esorcismi ai danni di inermi malati
mentali, contrabbandati per “indemoniati” sulla base di credenze ataviche degne
del livello culturale e del quoziente intellettivo degli uomini del neolitico;
[15]
L’UAAR, a differenza del crocifisso
cattolico, aborre lo sterminio e la conversione coatta degli indigeni
americani, degli indiani, degli indigeni australiani;
[16]
L’UAAR, a differenza del crocifisso
cattolico, aborre le guerre di religione;
[17]
L’UAAR, a differenza del crocifisso
cattolico, riconosce alle donne il diritto di interrompere la gravidanza;
[18]
L’UAAR, a differenza del crocifisso
cattolico, non considera le donne che abortiscono delle “assassine” che si
servono di “medici killer” per uccidere i figli;
[19]
L’UAAR, a differenza del crocifisso
cattolico, riconosce il diritto di divorziare;
[20]
L’UAAR, a differenza del crocifisso
cattolico, riconosce il diritto ai contraccettivi e condanna come atto
criminale l’istigazione a non usare i preservativi rivolta agli ammalati di
AIDS;
[21]
L’UAAR, a differenza del crocifisso
cattolico, aborre l’oscurantismo contro la scienza;
[22]
L’UAAR, a differenza del crocifisso
cattolico, aborre lo sterminio degli ebrei, rom ed omosessuali, praticato dai
cristiani nazisti, e non dagli atei:
[23]
L’UAAR, a differenza del crocifisso
cattolico, aborre le lerce e criminali leggi razziali approvate dagli italiani
cattolici fascisti;
[24]
L’UAAR, a differenza del crocifisso
cattolico, aborre la sottrazione dei figli delle ragazze madri -cioè nati fuori
del matrimonio- che sono state rinchiuse nei lager cattolici irlandesi con
l’appellativo dispregiativo di “maddalene”;
[25]
L’UAAR, a differenza del crocifisso
cattolico, aborre gi stermini dei nativi americani praticati in Canada per
“indottrinare” coattivamente i bambini indiani;
[26]
L’UAAR, a differenza del crocifisso
cattolico, aborre la schiavitù, approvata dalla Chiesa sino al 19 secolo;
[27]
L’UAAR, a differenza del crocifisso
cattolico, aborre la condanna e la persecuzione dell’omosessualità;
[28]
L’UAAR, a differenza del crocifisso
cattolico, riconosce il diritto di libertà religiosa anche come diritto di
cambiare religione e come diritto di non credere, contrariamente alla Chiesa
che sanziona il passaggio ad altra religione o all’ateismo come delitto di apostasia,
punito con la sanzione massima della scomunica latae sententiae;
[29]
L’UAAR, a differenza del crocifisso
cattolico, riconosce il diritto al matrimonio che, invece, viene negato a
sacerdoti, vescovi, papi e suore;
[30]
L’UAAR, a differenza del crocifisso
cattolico, riconosce il diritto degli omosessuali di sposarsi e non discrimina
e non considera gli omosessuali come dei depravati;
[31]
L’UAAR, a differenza del crocifisso
cattolico, riconosce il diritto delle donne alla parità degli stipendi, mentre
la Chiesa paga gli stipendi ai prelati maschi e nega alle suore i trattamenti
economici;
[32]
L’UAAR, a differenza del crocifisso
cattolico, aborre l’accumulo delle ricchezze per finalità speculative e di
criminale riciclaggio attraverso Banche di comodo, come lo IOR
[33]
L’UAAR, a differenza del crocifisso
cattolico, aborre manovrare in modo occulto la politica e la televisione
pubblica italiana, per appropriarsene a fini di propaganda in regime di
monopolio;
[34]
L’UAAR, a differenza del crocifisso
cattolico, aborre ottenere, sempre con occulte manovre politiche, privilegi
fiscali, privilegi finanziari, esenzioni e finanziamenti ai danni dei
contribuenti italiani.
Mi fermo
qui, sperando che l’UAAR abbia superato lo scrutinio e possa meritare
l’esposizione a fianco del crocifisso, posto che quando sono stato io ad
esporlo, tale simbolo è stato immediatamente sequestrato e rinchiuso in
cassaforte come “corpo del reato”.
SULLA PROPOSTA DI DEPORRE IL 28.1.2022 IN UN’AULA-GHETTO
Ho già
premesso che non intendo deporre in un’aula-ghetto che viene appositamente
allestita, in via temporanea, “senza crocifisso”, per la mia persona di diverso
e di dissidente. Ne espongo le motivazioni.
[1]
In primo luogo rappresento che i Giudici
hanno l’OBBLIGO di applicare le leggi in modo eguale per tutti, senza fare eccezioni,
favoritismi o vessazioni, come sancito dall’art. 101 della costituzione. Dunque
delle due l’una: o il Giudice Dott.ssa Liverani ritiene che la circolare
fascista è LEGITTIMA e ancora in
vigore, ma allora non può rimuovere “UN” SOLO crocifisso da una SINGOLA
aula per soddisfare i miei ILLEGITTIMI “desideri”, oppure ritiene che la circolare
fascista sia ILLEGITTIMA, ma allora DEVE attivarsi presso il Ministro di
Giustizia (cosa che comunque faccio io autonomamente) affinché TUTTI i
crocifissi vengano rimossi da TUTTE le aule di TUTTI i Tribunali. Ripeto: se la
LEGGE impone che il casco sia obbligatorio per TUTTI i motociclisti, nessun
Giudice può arrogarsi il diritto di disapplicarla per un caso “singolo”, magari
per favorire un amico.
[2]
In secondo luogo rappresento che l’allestimento di una “singola aula”,
senza crocifisso, è lesiva del mio diritto di eguaglianza, di dignità e di non
discriminazione. Io sono infatti OBBLIGATO a presentarsi negli uffici
giudiziari per deporre come teste e, pertanto, non posso essere emarginato e ghettizzato da un
qualsiasi Organo dello Stato italiano in una “singola” aula dell’Amministrazione giudiziaria, che viene deliberatamente allestita in
modo DIFFORME da TUTTE le altre aule giudiziarie “perché” sono considerato,
nell’ottica del “ghettizzante”, una persona “diversa”. Faccio anche osservare
che io potrei essere chiamato in futuro a testimoniare in altri uffici
giudiziari, sicché chiedo: cosa dovrei fare? Chiedere ogni volta che venga
rimosso quel singolo crocifisso, esternando quindi i miei convincimenti
religiosi, per poi ricomparire nuovamente, a distanza di mesi, per rendere la
testimonianza in una graziosa “aula-ghetto” o, magari, in un cesso del
Tribunale? Mi dispiace: io sono un cittadino che rivendica gli stessi diritti,
lo stesso rispetto e la stessa dignità degli adepti della “superiore” “razza”
cattolica. I cattolici non debbono sopportare l’imposizione dei simboli degli
atei, degli ebrei, dei musulmani, dei buddisti e, quindi, quando frequento gli
Uffici pubblici -che non sono “Templi” della Chiesa Cattolica- anche io ho il
sacrosanto diritto di frequentare TUTTI gli UFFICI e TUTTE le AULE senza subire
l’imposizione dei crocifissi da parte della “Repubblica Pontificia Italiana”, né
tantomeno di essere confinato come uno sporco ateo in un cesso o in un
sottoscala del Tribunale. Spero di essere stato chiaro.
[3]
In terzo luogo rappresento che l’iniziativa
di allestire per la mia persona di “teste dissidente” un’aula “speciale” -seppure
sicuramente fatta in buona fede dalla dott.ssa Liverani- mi risulta INDECENTE
perché, pur non essendo cattolico (ma me ne vanto), ho il sacrosanto diritto allo stesso trattamento dei cattolici (art.
3 Cost.), sicché non tollero di essere sottoposto ad un regime di apartheid allorché sono costretto
a frequentare gli uffici giudiziari per espletare il mio DOVERE giuridico e
civico di testimone: come cittadino “italiano” rivendico il diritto di
frequentare qualsiasi aula od ufficio
della Repubblica italiana in
regime di eguaglianza e pari dignità, e non di esser “dirottato” in
un’aula-ghetto, come un appestato, perché ritenuto “diverso” dai cattolici.
Sarò più
chiaro: se ad una donna, che ha sposato un nero, viene impedito di viaggiare
nella cabina passeggeri dell’aereo assieme al suo marito e ai suoi figli
mulatti, il Giudice -che sia stato adito da questa famiglia per ottenere
“Giustizia” e che sia degno di essere considerato un “Giudice”- non può
prospettare alla famiglia la “proposta mediatoria” di farli viaggiare nella
stiva dell’aereo per non disturbare la “sensibilità” dei “bianchi” che
viaggiano nella cabina, perché questa “proposta mediatoria” è una forma di razzismo alla stato puro. Ed è
la stessa identica forma di LERCIO RAZZISMO di cui sono stato vittima e che mi
sono rifiutato di accettare, subendo per questo la rimozione dalla
magistratura.
Ma non sono
io che mi debbo vergognare, ma sono TUTTI coloro che, con la loro vigliaccheria
e col loro abominevole conformismo, mi hanno espulso dalla magistratura perché
-si badi bene- “non ho accettato la proposta mediatoria del Presidente del
Tribunale di Camerino dott. Aldo Alocchi di tenere le udienze in un’aula-ghetto,
appositamente allestita senza crocifisso per la mia persona di ateo ebreo e con
divieto di esporre i miei simboli, dove avrei dovuto lavorare, sino al
pensionamento, in regime di apartheid”. E ci tengo a sottolineare che
il Presidente del Tribunale di Camerino dott. Aldo Alocchi, dopo aver respinto
la mia richiesta di rimozione dei crocifissi perché, a suo dire, la circolare
fascista non era stata espressamente abrogata, mi ha poi confidenzialmente
riferito di condividere la mia tesi che, guarda caso- oggi è stata condivisa ed
affermata dalle Sezioni Unite della Cassazione.
E allora
che cosa dovrei dire io, oggi, a tutti coloro che hanno “collaborato” alla mia
rimozione per garantire ai cattolici e alla Chiesa cattolica di seguitare a
marcare le aule giudiziarie coi loro macabri idoli?
A TUTTI
questi codardi delle “Istituzioni” italiane, che hanno fattivamente collaborato
per la mia espulsione, respingendo i miei ricorsi, faccio tanti complimenti,
oggi, 27 gennaio 2022, giorno della “memoria”, e vi dico: siete stati veramente
bravi e vi dovete stimare, perché avete obbedito ai sacri dictat della Chiesa Cattolica e del Papa e vi siete sicuramente
meritati un posto in paradiso, in prima fila, magari a fianco di Andreotti.
[4]
In quarto luogo rappresento che la decisione
di realizzare per la mia persona di diverso e di dissidente non
cattolico un’aula-ghetto, con la temporanea rimozione del crocifisso, è lesiva
del mio diritto di libertà religiosa negativo, anche perché questa iniziativa è
stata preceduta da una divulgazione mediatica che ha fatto sì che tutti sappiano
che il giorno 28 gennaio 2022 si presenterà nel Tribunale di Rimini, per deporre
davanti al Giudice dott.ssa Liverani, un testimone che è stato costretto a
dichiararsi non cattolico. Ricordo ancora che il diritto di libertà religiosa
va tutelato anche in senso negativo, cioè nel senso di non essere costretti a manifestare i propri convincimenti religiosi,
soprattutto quando è lo Stato stesso che costringe a manifestarli per adempiere
un dovere d’ufficio, qual è quello del testimone.
Ricordo che,
contrariamente a quanto affermato dalla Stampa, io non ho mai accettato nei
cinque processi penali che ho subito, sino in Cassazione, l’indecente ed
offensiva proposta di subire la celebrazione dei processi in aule-ghetto: al
contrario, ho disertato i processi, rivendicando il DIRITTO di comparire
TRANQUILLAMENTE negli Uffici pubblici italiani senza subire vessazioni,
imposizioni o ghettizzazioni che, sino a prova contraria, sono da attribuire
soltanto alla LERCIA e ILLEGALE pretesa dei cattolici italiani e della Chiesa
Cattolica di “marcare” in regime di monopolio, con i loro idoli e feticci, le
aule pubbliche italiane che, essendo “laiche” e non “templi cattolici”, appartengono
in realtà a TUTTI gli italiani, a qualsiasi fede o credo appartengano.
[5]
In quinto luogo rappresento che, come
sancito dalla Cassazione con la sentenza n. 439 del 2000, il rispetto del
principio di laicità implica che tutti i simboli religiosi siano rimossi da
tutte le aule e che, per contro, l’occasionale
assenza del crocifisso (ma in questo caso l’assenza è intenzionale e
voluta) non vale ad impedire che il
pubblico ufficiale, la cui coscienza è ispirata alla legalità e al rispetto del
principio supremo di laicità, si rifiuti di compiere l’atto dovuto.
Pertanto l’allestimento furbesco dell’aula-ghetto non sortirà alcun effetto,
perché io mi rifiuterò ad oltranza di deporre come teste, sino a che l’Ill.ma
Ministra della Giustizia non avrà provveduto a rimuovere tutti i crocifissi.
[6]
In sesto luogo rappresento che il rispetto
della laicità e dei miei diritti di libertà non è limitato alla presenza del
“crocifisso”: io farei la stessa identica battaglia, chiedendone la rimozione,
se al posto del crocifisso venisse esposto il mio simbolo religioso.
[7]
In settimo luogo rappresento che, per aver
io “osato” rimuovere un crocifisso -peraltro su richiesta di alcuni avvocati e
all’indomani dell’ordinanza del Giudice Montanaro- sono stato sottoposto ad
immediata ispezione disposta dall’Illustrissimo giurista Ministro R. Castelli e
l’Ispettore, pervenuto a Camerino, mi ha poi formulato una cinquantina di
deliranti “addebiti disciplinari” con le consuete finalità di persecuzione e
stolkeraggio. Mi chiedo allora come possa la dott.ssa Liverani -nei confronti
della quali non nutro alcun rancore e che anzi stimo- aver disposto la rimozione
di un crocifisso senza incappare nelle “ire” di qualche Superiore o del
Ministro. Mi chiedo: ma l’Italia è una Repubblica dove vige il principio
supremo della LEGALITA’, oppure è una Repubblica delle Banane dove Luigi Tosti
viene perseguitato con ispezioni ministeriali se rimuove un crocifisso, mentre
il Presidente del Tribunale di Camerino ed altri magistrati si possono
permettere di fare quello che cavolo vogliono, sino ad eliminare TUTTI i
crocifissi dai Tribunali da loro presieduti? Questo sarebbe lo “Stato di
diritto”? Vergognatevi, perché questa è la Repubblica delle banane.
[8]
In ottavo luogo ricordo che negli Stati
Uniti la “negra” Rosa Parks,
dopo aver pagato il biglietto per l’autobus, si è rifiutata di cedere il posto
ad un primate di superiore “razza bianca” e, dopo essere stata condannata, la
Corte Suprema degli Stati Uniti le ha dato ragione, nel 1955, ponendo fine all’apartheid. Constato amaramente che in
Italia, anno 2022 dell’ Era Volgare, il razzismo e l’apartheid sono ancora in grande
voga, in barba all’ipocrita “giornata della memoria” (corta) che viene celebrata,
in un solo giorno dell’anno, da una massa di italiani che, dopo essere rimasti codardamente
inerti, per un ventennio, di fronte alle lerce leggi razziali catto/fasciste di
Mussolini e di Padre Agostino Gemelli, si sono riscoperti, all’indomani della
liberazione, tutti “catto/antifascisti”, lavandosi la coscienza come si fa con
la confessione e la comunione.
L’inerzia è
la virtù dei codardi: e tutti gli italiani, anziché celebrare la “memoria”
della shoà in un solo giorno dell’anno, farebbero bene a vergognarsi per le
persecuzioni, le ghettizzazioni e le lerce leggi razziali per 365 giorni
all’anno.
Concludo
riportando l’ “opinione ebraica” sulla questione dell’esposizione dei
crocifissi negli uffici pubblici espressa dal Rabbino Capo di Roma Prof.
Riccardi Di Segni. Non si tratta di un giurista, ma di un uomo di senno. Invito
i destinatari, e in particolare la Ministra di Giustizia, a leggere. Non
aggiungo nulla, ma condivido il pensiero, che rispecchia il principio supremo
di laicità, il diritto di eguaglianza e non discriminazione e il ripudio di
qualsiasi prevaricazione religiosa delle maggioranze ai danni delle minoranze o
dei singoli.
“Il crocefisso nelle scuole -
Un'opinione ebraica
Riccardo Di Segni [Rabbino
Capo della Comunità ebraica di Roma, medico chirurgo, radiologo]
Link: http://www.morasha.it/zehut/rds12_crocefisso.html
Gli antichi testi
rabbinici raccontano una storia su Rabban Gamliel (Gamaliele), l'autorevole
rabbino che difese nel Sinedrio i primi fedeli di Gesù e di cui l'apostolo
Paolo si vantava di essere stato discepolo. Gamliel frequentava le terme di
Afrodite di Acco, un luogo pieno di statue dedicate agli dei; ed era molto
strano che lo facesse il rappresentante tanto importante di una religione che
rifiutava l'idolatria.
Gamliel si
giustificava in questo modo: "non sono stato io ad andare nel territorio
di Afrodite, ma è stata Afrodite a venire nel mio territorio". In altri
termini, bisogna distinguere tra il territorio di Afrodite, cioè il tempio che
le è dedicato e nel quale chi rifiuta l'idolatria non deve entrare, e la
casa di tutti, come le terme pubbliche, dove qualcuno può anche averci
introdotto immagini proibite, ma non per questo diventa proibita ai
frequentatori. La posizione di Gamliel era quella del rappresentante di una
religione allora senza potere politico, che non poteva permettersi, anche se
l'avesse voluto, l'abolizione forzata delle immagini idolatriche.
Cominciarono a
farlo e ci riuscirono, tre secoli dopo questa storia, i rappresentanti del cristianesimo
trionfante sugli "dei falsi e bugiardi". Da allora fu il
cristianesimo a riempire gli spazi pubblici dei segni della sua fede. Non
fu un processo senza ostacoli, perché anche nel cristianesimo l'uso delle
immagini nella pratica religiosa fu sempre causa di discussioni e divisioni;
non tanto per il cattolicesimo: e noi in Italia, dove la realtà cristiana è in
gran parte cattolica, dobbiamo confrontarci con le scelte di questa parte del
mondo cristiano così fedele alle sue immagini di culto.
Per Gamliel, che era
lo spettatore passivo dell'irruzione nel luogo pubblico di immagini che lo
disturbavano, ma contro le quali non poteva fare nulla, si trattava di decidere
se era lecito frequentare il luogo pubblico. Per la società moderna, nella
quale ogni cittadino partecipa democraticamente alla decisione collettiva, il
problema va oltre: si tratta di decidere se sia lecita l'introduzione di
un segno privato in un luogo pubblico. La questione che oggi si pone del
crocifisso nelle scuole, forse con un'enfasi esagerata, è quella dei
limiti da porre al desiderio di una fondamentale componente della società a
porre e imporre il segno della sua fede nella casa di tutti, nella quale
coabitano tutte le altre parti della società.
Non bisogna
dimenticare che ogni stato moderno, per quanto laico possa dichiararsi, ha
stabilito dei patti con le religioni, maggioritarie e minoritarie, derogando
più o meno dal principio dell'assoluta separazione tra stato e religioni. Ciò
che è avvenuto in Italia è il prodotto di una storia lunga e travagliata, e ciò
che non è stato ancora definito con precisione, e che sta ai limiti delle
decisioni consolidate, come il caso del crocifisso, solleva di tanto in tanto
delle polemiche, banco di prova e di scontro tra almeno due concezioni diverse.
In questo dibattito
può avere qualche importanza conoscere gli stati d'animo e le domande di molti
ebrei italiani. Si dice che il crocifisso sia un segno culturale, e che non
bisogna rinunciare alla propria cultura e alle proprie tradizioni per un
malinteso senso di rispetto delle minoranze. E' vero che il crocifisso è
anche un segno culturale, ma non è per questo che lo si vuole nelle scuole; lo
si vuole perché è prima di tutto un segno religioso, e il problema è
essenzialmente religioso. I cattolici rivendicano con giusto orgoglio che
questo è per loro un segno di amore e di speranza, e non si capisce allora
perché non debba essere presente ovunque. Ma visto da altre parti, come
quella ebraica, il senso di quel segno è differente. Per noi è prima
di tutto l'immagine di un figlio del nostro popolo che viene messo a morte
atrocemente; ma è anche il terribile ricordo di una religione che in nome di quel simbolo, brandito come un'arma, ha
perseguitato, emarginato, umiliato il nostro ed altri popoli, cercando di
imporgli quel simbolo come l'unica fede possibile e legittima.
La storia passata
della Chiesa ha trasformato quel simbolo, che dovrebbe essere di amore, in un
segno di oppressione e intolleranza. L'ultimo Concilio ha cambiato
nettamente la direzione, ma la richiesta ripetuta di occupare il luogo
pubblico con quel segno ripropone alla nostra memoria il tema dell'intolleranza.
La domanda che allora si pone a quella parte del mondo cattolico che si
batte tanto per il crocefisso è se siano tornati, o non siano mai finiti,
i tempi in cui la religione cattolica ha pensato di imporsi e diffondersi
non con la testimonianza e la pratica esemplare delle sue virtù, ma con
l'invasione, la forza, l'occupazione. Il problema che ci preoccupa è
quale modello di religione sia dietro alle richieste dei difensori del
crocifisso. Come membri minoritari di una società pluralistica
continuiamo a ragionare con Gamliel, e a non rinunciare agli spazi
pubblici, subendone, se inevitabile, l'occupazione con segni privati; come
cittadini partecipiamo al dibattito civile per definire i limiti e i diritti di
ogni religione nella società laica; come fratelli, rivolgiamo ai
fratelli cattolici una domanda preoccupata sulla loro identità, sul loro modo
di vivere e proporre la loro fede al mondo circostante.
Pubblicato dalla newletter Kolot: Lunedì, 30 settembre
2002 8:35
Roma, 28 ottobre 2003”.
La presente
PEC viene inoltrata, oltre che al Ministro di Giustizia e al Giudice Dott.ssa
Liverani:
1.
All’UAAR, Associazione che ha come scopo
primario la difesa e l’attuazione del principio di laicità e di cui sono socio,
con preghiera di attivarsi a mio favore per ottenere, se del caso in via
giurisdizionale, la rimozione dei crocifissi dalle aule dei tribunali e,
altresì, dalle aule scolastiche: rappresento che sarà mia cura predisporre le
diffide e, in caso di inottemperanza, i ricorsi giurisdizionali al TAR;
2.
Alle Associazioni laiche ITALIA LAICA, LIBERO
PENSIERO GIORDANO BRUNO, ASSOCIAZIONE LUCA COSCIONI, CONSULTA TORINESE PER LA
LAICITÀ DELLE ISTITUZIONI, CONSULTA MILANESE PER LA LAICITÀ DELLE ISTITUZIONI,
CENTRO DI DOCUMENTAZIONE, RICERCA E STUDI SULLA CULTURA LAICA “PIERO
CALAMANDREI” – ONLUS, RADICALI ITALIANI, DEMOCRAZIA ATEA, POSSIBILE, FONDAZIONE
CRITICA LIBERALE, FONDAZIONE DELL'ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE DEL LIBERO
PENSIERO (AILP), PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI: invito queste Associazioni e
Partiti politici a sottoscrivere, congiuntamente all’UAAR, le diffide per la
rimozione dei crocifissi e, se del caso, le procure per l’inizio di azioni
legali congiunte davanti al TAR;
3.
Invio copia alla COMUNITÀ EBRAICA DI ROMA, alla
quale non esprimo l’effimera solidarietà per un solo giorno di “memoria”, ma la
vergogna, come cittadino italiano ed europeo, per le millenarie persecuzioni,
stermini, ghettizzazioni, espropri, rapimenti di bambini e per la shoa.
4.
Infine inoltro questa PEC, per conoscenza, agli
stimati giornalisti Michele Serra di Repubblica, ai giornalisti della Redazione
del Fatto quotidiano, di AltaRimini, il Corriere della Sera e RTV San Marino.
Rimini, 27
gennaio 2022.
Luigi
Tosti