domenica 21 novembre 2021

La BUFALA delle "case occupate" (di Luigi Tosti)

Ultimamente i media si sono occupati dei casi delle case occupate da estranei e della sostanziale impossibilità di ottenerne la restituzione, se non dopo costose iniziative legali e i soliti tempi biblici. Emblematico è il caso del pensionato che, dopo essersi ricoverato in ospedale, ha trovato l'amara sorpresa del suo appartamento che era stato occupato da estranei, che avevano anche cambiato la serratura, appropriandosi anche di tutti i beni mobili contenuti nel suo appartamento. Questo pensionato ha chiesto l'intervento delle forze dell'ordine che, però, gli hanno amaramente comunicato che "non potevano far nulla perché la legge italiana non consentiva loro di intervenire, se non dietro ordine di un magistrato".

Dal momento che "questa risposta è una bestialità giuridica" che è stata recepita da tutta la stampa e che le forze dell'ordine in questione, poi, si sono fatte "belle" davanti alla Stampa solo al termine di questa vicenda, cioè quando il povero pensionato è stato costretto a rivolgersi ad un giudice civile per ottenere un'ingiunzione di rilascio (che gli è costata un pacco di soldi), mi preme intervenire sulla questione per ristabilire un po' di verità.

Infatti, quello che è accaduto al povero pensionato non è imputabile ad una "mancanza di legge", come tutti i media hanno affermato e si vorrebbe far credere, ma all'insipienza e alla violazione dei doveri che l'art. 55 del codice di procedura penale imponeva ed impone alle forze dell'ordine che sono state chiamate dal pensionato. L'occupazione di immobile è infatti un reato permanente previsto e punito dall'art. 633 del codice penale, perseguibile a querela, e quindi la richiesta di intervento della persona offesa equivaleva ad una querela orale della vittima, per cui i carabinieri non potevano esimersi dall'identificare gli autori del reato, suonando ed introducendosi nell'appartamento anche con la forza, e non potevano neppure esimersi dal porre termine al reato di "occupazione di immobile" che, al pari del reato di "sequestro di persona", è un reato permanente, che cioè si considera in atto sino a che l'autore del reato non cessa l'azione delittuosa.

L'art 55 del codice di procedura penale, titolato "Funzioni della polizia giudiziaria", dispone infatti che "La polizia giudiziaria DEVE, anche di propria iniziativa, prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale." Nessuna di queste azioni, doverose, è stata posta in essere dai carabinieri. E questo avviene usualmente, perché le Forze dell'Ordine se ne strafottono in realtà dei diritti dei cittadini e degli OBBLIGHI che gravano su di loro: e il motivo è rappresentato dal fatto che non vogliono prendersi alcuna responsabilità e perché, poi, "voja de lavorà sarteme addosso, lavora tu che io non posso". Ma tutto questo è un abuso e un'omissione di atti di ufficio, non una "carenza" di norme o un "eccesso di burocrazia".

Per rendersi conto dell'abuso e dell'omissione di atti di ufficio che sono stati commessi dai carabineri ai danni del pensionato in questione, basta riflettere sul fatto che costui avrebbe potuto chiedere l'intervento dei carabinieri perché sua figlia era stata rapita e sequestrata all'interno di quell'appartamento. E allora c'è da chiedersi: cosa avrebbero fatto i nostri augusti carabinieri?  Avrebbero forse detto al pensionato che "senza ordine del magistrato non potevano far nulla e che il pensionato si doveva presentare il giorno successivo, presso una caserma, per sporgere regolare denuncia", magari mentre sua figlia veniva stuprata, torturata o uccisa all'interno del suo appartamento, oppure veniva trasferita in altra località ignota per perpetuare il sequestro e rimanere impuniti? Sarei curioso di verificare se esiste un soggetto, appartenente alle Forze dell'Ordine, tanto sfrontato da rispondere a questo quesito in senso positivo. Visto che questo non accadrà mai, c'è chiedersi allora perché mai il nostro povero pensionato si sarebbe dovuto allontanare dalla sua casa per sporgere querela -così come "consigliato" dagli augusti carabinieri- permettendo quindi che le delinquenti, che avevano occupato illegalmente il suo appartamento, seguitassero imperterrite nella consumazione del reato e, altresì, gli rubassero i suoi beni e gli danneggiassero la casa.

Ma c'è anche da chiedersi "che cosa" sarebbe avvenuto se l'appartamento occupato abusivamente fosse appartenuto ad un carabiniere che si era allontanato da casa per farsi curare in ospedale, oppure ad un Questore o un Magistrato o al Presidente della Repubblica o al Papa o ad altro Papavero di questa Repubblica delle Banane. Io la risposta la so: e voi, riuscite ad immaginarvela?

In realtà queste bestialità giuridiche, propinate dalla Stampa, possono essere affermate solo da ignoranti o da lavativi che si sottraggono all'adempimento dei loro doveri, pur essendo pagati con le nostre tasse. Soggiungo che di fronte ad un reato permanente chiunque ha il diritto di esercitare la legittima difesa, perché l'offesa ingiusta, che si riceve nei reati permanenti, è sempre attuale. La Cassazione (Sez. 1, Sentenza n. 10368/1984) ha affermato che "L'attualità del pericolo di un'offesa ingiusta si identifica con la esistenza di una situazione pericolosa ancora in atto al momento della reazione e si protrae fino a quando essa permane". Quindi, l'autodifesa è legittima quando l'offesa ingiusta del diritto è in corso e può essere interrotta grazie ad una azione lesiva posta in essere nei confronti dell'aggressore: il che accade di REGOLA nei reati permanenti, come l'occupazione di immobile o il sequestro di persona, nei quali l'azione delittuosa si protrae per effetto della condotta volontaria di chi occupa abusivamente l'immobile o sequestra la persona.

Dunque il pensionato avrebbe potuto, dopo l'ingiustificato rifiuto dei carabinieri, attaccarsi al campanello per ore ed ore per farsi aprire e, in caso di mancata apertura della porta, avrebbe potuto forzarla, identificare gli autori del reato con la forza e, infine, cacciarli a pedate nel culo dal suo appartamento. Lo stesso identico comportamento potrebbe tenere chi, dopo avere identificato il luogo dove viene tenuta sequestra la propria figlia e dopo aver vanamente chiesto l'intervento dei carabinieri, si vede costretto -di fronte al rifiuto dei carabinieri di intervenire- ad esercitare il diritto di legittima difesa per liberare la propria figlia, anche con la forza e, se del caso, anche uccidendo i sequestratori se questi attentano alla sua vita.

E concludo che, se mi fossi trovato o dovessi trovarmi nella stessa situazione del povero pensionato, potete star certi che quello che ho sopra descritto sarà il mio comportamento e, anzi, prima di metterlo in atto riprenderò con una videocamera o col telefonino i carabinieri, ai quali rivolgerò l'invito ad intervenire immediatamente, filmandoli e preavvisandoli che, in caso di loro omesso intervento ex art. 55 del C.P.P., agirò immediatamente e direttamente per legittima difesa, cioè sfascerò la porta (o la serratura) e caccerò a pedate nel culo gli occupanti, ovviamente dopo averli identificati attraverso la sottrazione delle loro carte di identità.

E questo non si chiama "esercizio arbitrario delle proprie ragioni", bensì legittima difesa necessitata dall'ingiustificato rifiuto di atti di ufficio da parte delle cosiddette forze dell'ordine.

Spero di essere stato chiaro. Questo non è fascismo, ma rispetto delle regole e dei diritti.


domenica 14 novembre 2021

Il caso Aytan e il caso Robert e Gerard Finaly: analogie storiche o casualità? (di Luigi Tosti)

 


Il caso Aytan e il caso Robert e Gerard Finaly: analogie o casualità?

Il caso di Aytan, bambino israeliano che è rimasto orfano a causa dell'italica tragedia del Mottarone, che lo ha privato dei genitori, del fratellino e dei bisnonni, e il caso di Robert e Gerard Finaly, anch'essi ebrei e anch'essi rimasti orfani a causa dell'uccisione dei genitori da parte dei criminali Catto/nazisti, poi rapiti e sequestrati con la cooperazione di Papa Pio XII e del Cardinale Montini, futuro Papa Paolo VI, inducono riflessioni sulle vittime storiche dell’ordinario razzismo antisemita della Chiesa Cattolica.

È noto che la Chiesa Cattolica è la PRIMA Associazione religiosa che ha "inventato", nel 1555, i "ghetti" nei quali rinchiudere gli "infedeli" ebrei, accusati di "Deicidio", cioè di aver ucciso un personaggio (Gesù Nazireo) che i cattolici credono essere stato concepito, circa 2000 anni fa, da una supposta Entità divina che si sarebbe accoppiata, sotto le mentite spoglie di una "colomba", con una ragazzina minorenne, sposata con un vecchio falegname. Peraltro tale "concepimento divino" sarebbe avvenuto con lo scopo primario -da parte del Dio Babbo- di far trucidare il suo figliolo, all'età di 33 anni, per "salvare" (non si sa da cosa) l'intera umanità, eccettuati i nativi americani e quelli australiani, della cui esistenza il buon dio non era ancora a conoscenza.

È altrettanto noto che la Chiesa Cattolica ha sempre praticato il rapimento dei bambini ebrei che fossero stati "battezzati", magari di nascosto e contro la volontà dei genitori, da altri. Questa pratica criminale del rapimento dei bambini ebrei si fondava sul "dogma" secondo cui la formula magica "Ti battezzo in nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Sangue", pronunciata all'indirizzo di un bambino ebreo, lo faceva diventare immediatamente "cattolico" -e non più ebreo di religione ebraica- sicché la Chiesa aveva il DOVERE di sottrarlo ai genitori INFEDELI ebrei, per affidarli poi alla Casa dei Catecumeni, a Roma, per subire L'INDOTTRINAMENTO COATTO di matrice cattolica.

Uno di questi ultimi rapimenti ha riguardato Edgardo Mortara, rapito nella Bologna del 1858 su impulso del criminale Santo Inquisitore Padre Feletti e di quell’altro criminale di Senigallia, Giovanni Maria Battista Pietro Pellegrino Isidoro Mastai-Ferretti, divenuto Papa col nome d'arte "Papa Pio IX", cioè l’ultimo Papa/Re.

Ma i rapimenti dei bambini ebrei da parte di Santa Madre Chiesa Cattolica sono proseguiti imperterriti sino al 1955 e la recente "storia penosa" di Eitan dovrebbe forse indurre a fare della riflessioni più approfondite, prima di sputar sentenze, se non altro perché il codice civile italiano, per quanto riguarda l'affidamento degli orfani, privilegia i nonni a discapito degli zii. L’art. 348 del codice civile dispone infatti che, in caso di perdita di entrambi i genitori, “la scelta del tutore avviene preferibilmente tra gli ascendenti o tra gli altri prossimi parenti o affini del minore, i quali in quanto sia opportuno, devono essere sentiti. Il giudice, prima di procedere alla nomina del tutore, dispone l'ascolto del minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento.”

Comunque giova oggi rispolverare la storia del rapimento dei fratelli Finaly Robert e Gerard, orfani ebrei che sono stati anch'essi ''rapiti", dal 1945 sino al 1955, dal clero cattolico perché, , approfittando del fatto che i genitori ebrei erano stati trucidati ad AUSCHWITZ dai catto/nazisti, li hanno COATTIVAMENTE battezzati, pur sapendo che erano circoncisi e di religione ebraica, per “appropriarsene”, indottrinarli, subendo poi un processo penale terminato con la condanna per rapimento da parte della Giustizia Francese, e infine espatriandoli e sequestrandoli nella Spagna catto/fascista del generale Franco per non restituirli ai parenti ebrei.

Questo criminale rapimento è avvenuto con la fattiva cooperazione di Papa Pio XII e del Cardinale Giovanni Battista Enrico Antonio Maria Montini, poi divenuto anch'egli Papa col nome d'arte Paolo VI, il quale -è opportuno ricordarlo- è stato proclamato “santo” il 14 ottobre 2018 dall’attuale papa Francesco, forse per l'alto merito di essere l’autore primario del criminale rapimento e sequestro di Robert e Gerard Finaly, i due fratellini ebrei, rimasti orfani.

La verità che segue emerge dagli archivi del Vaticano, ma è stata e viene sapientemente occultata dal silenzio di Mamma RAI e dei mass media italioti. Per chi ne ha voglia, buona lettura.

La verità sul caso di Robert e Gerard Finaly, i due fratellini ebrei contesi tra Vaticano e Israele negli anni '50.

Questo racconto si basa su documenti custoditi in Vaticano a cui si è avuto accesso (da parte di studiosi selezionati) soltanto a partire dal marzo dello scorso anno.

L'accesso riguarda il periodo del pontificato di Pio XII, dal 2 marzo 1939 fino alla sua morte il 9 ottobre 1958.

Ogni anno vi possono accedere solo 1200 studiosi da 60 Paesi.

Le informazioni sono state raccolte da David Kertzer, vincitore del Premio Pulitzer per le Biografie nel 2015, il quale le ha pubblicate a fine agosto in un articolo su The Atlantic.

Nel 1938, immediatamente dopo l’Anschluss, il dottor in medicina Fritz Finaly e la moglie Anna, entrambi ebrei, lui di 37 e lei di 28 anni, fuggirono dall’Austria cercando di andare in Sud America. Non ci riuscirono e trovarono allora rifugio in un paesino poco lontano da Grenoble, in Francia. Dopo la creazione dello Stato fantoccio di Vichy fu impossibile continuare ad esercitare ufficialmente come medico ma, se pur in modo fortunoso, la coppia riuscì a sopravvivere. Nel 1941 Anna partorì il figlio Robert e nel 1942 il secondogenito Gerald. Nonostante la campagna antisemita instaurata dal governo del maresciallo Pétain su pressione dei tedeschi, i genitori riuscirono a circoncidere entrambi i bambini secondo i dettami della loro religione.

Purtroppo, la pressione tedesca sul governo di Vichy contro gli ebrei andò aumentando e impauriti dall’intensificarsi delle ispezioni della Gestapo, i due decisero, nel febbraio 1944, di mettere al sicuro i due bambini affidandoli ad una loro amica, tale Marie Paupaert.

Temevano di essere arrestati e, infatti, quattro giorni dopo i tedeschi li catturarono e li deportarono ad Aushwitz dove morirono poche settimane più tardi. L’amica francese, visto ciò che era successo ai due amici, temette che i tedeschi potessero venire a cercare i bambini e li portò al convento di Notre Dame de Sion a Grenoble, sperando che fosse un luogo più sicuro.

Tuttavia, le suore, sentendosi incapaci di prendersi cura di due esseri così piccoli, li consegnarono a loro volta ad una locale scuola materna diretta dalla Signora Antoinette Brun, una donna di mezza età non sposata.

Quella appena descritta potrebbe essere una delle innumerevoli storie di famiglie di ebrei in fuga dai nazisti e ricorda anche quanto successe a quella eccezionale scrittrice ebrea che fu la russa (rifugiatasi in Francia dopo la rivoluzione) Irene Nemirovsky.

Si tratta, invece, di una storia speciale che suscitò scalpore nella Francia dei primi anni cinquanta e che ha acquistato una nuova luce dopo che il 24 marzo 2019 è stato dato libero accesso agli Archivi Segreti Vaticani (oggi denominati Archivio Apostolico Vaticano) per i documenti riguardanti il periodo del papato di Pio XII.

Tutto cominciò quando, nel Febbraio 1945 e con la Francia già occupata dagli alleati, una sorella di Fritz, Margherita Finaly (rifugiatasi in Nuova Zelanda durante gli anni terribili), cercò di ottenere che i due nipotini la potessero raggiungere nel suo nuovo Paese di residenza.

Margherita scrisse alla Brun ringraziandola e chiedendo il suo aiuto per organizzare il viaggio di Robert e di Gerald. La Brun rispose in maniera evasiva all’ipotesi di lasciar partire i due bambini (allora di quattro e tre anni) affermando anche di essere stata nominata loro tutrice da un giudice locale. Margherita non si dette per vinta e assieme alle altre due sorelle, una che viveva in Israele, l’altra anch’essa in Nuova Zelanda e con la cognata Auguste (moglie del fratello Richard catturato e ucciso dai nazisti a Vienna) scrisse al sindaco del paesino. In assenza di alcun riscontro positivo, Auguste che viveva in Gran Bretagna si recò a Grenoble per incontrare la Brun. Costei, anziché collaborare si dimostrò ostile ed affermò definitivamente che non avrebbe mai restituito i bambini.

A questo punto comincia il vero dramma, la cui storia diventa più completa grazie alla lettura dei documenti custoditi in Vaticano. Si scopre così che la Brun con l’accordo del vescovo locale aveva battezzato i due bambini nonostante ne conoscesse l’ascendenza ebraica e che, essendo essi diventati cattolici, erano “proprietà” della Chiesa di Roma e mai più sarebbero stati “sottomessi” ad una famiglia ebrea.

I Finaly si rivolsero allora ad un tribunale francese che nel Luglio 1952 ordinò alla Brun di consegnare i bambini ai parenti dei genitori. Come tutta risposta le locali suore del convento di Notre Dame de Sion li nascosero, sembra su suggerimento dell’arcivescovo di Lione il Cardinale Gerlier. Nel Novembre 1952 il tribunale francese emise un ordine esecutivo ma le suore si rivolsero alla Corte d’Appello per chiedere una nuova sentenza.

Nel frattempo, la stampa francese aveva cominciato ad occuparsi del caso e il Cardinale Gerlier chiese istruzioni al Vaticano. Il Sacro Uffizio (oggi conosciuto come Congregazione per la Dottrina della Fede) suggerì, come risposta, di attendere la sentenza della Corte d’Appello e comunque, in caso di decisione sfavorevole, di “suggerire alla signora Brun di resistere, magari appellandosi alla Corte di Cassazione, e di usare tutti i mezzi legali per ritardare il più a lungo possibile l’esecuzione di una eventuale nuova sentenza sfavorevole.

Nell’attesa del nuovo giudizio, le suore decisero di spostare i bambini in una scuola cattolica vicino al confine spagnolo e di registrarli colà sotto falso nome. Prima di farlo, chiesero e ottennero l’approvazione del vescovo locale.

La giustizia francese non fu inerte e il 29 gennaio 1953 la madre superiora del convento fu arrestata. Con lei finirono in prigione alcuni monaci e suore considerati complici. Il Sacro Uffizio informò per iscritto Papa Pio XII di quanto stava accadendo, specificando che “gli ebrei, in combutta con i massoni e i socialisti hanno organizzato una campagna di stampa internazionale” su questo caso.

La cosa, oramai di dominio pubblico, stava diventando imbarazzante per le gerarchie cattoliche e il Vaticano, con la mediazione dell’ambasciata francese a Roma e il Nunzio a Parigi cercò quindi un accordo che prevedeva la consegna dei ragazzi ai parenti purché ci fosse la garanzia che “si prendano le opportune precauzioni per assicurare che loro (i ragazzi) non siano soggetti a diventare ancora ebrei”.

L’allora Cardinal Montini (poi Papa Paolo VI), incaricato dal Papa di seguire l’affaire, scrisse al Nunzio a Parigi un telegramma in codice:

E’ bene che il Sacro Uffizio non appaia (come ispiratore dell’accordo – n.d.r.)”. In altre parole, il Vaticano appoggiò dapprima la sparizione dei ragazzi ma, in un secondo momento, volle che tutta la questione apparisse soltanto come dovuta a responsabilità locali.

Nonostante l’intesa apparentemente raggiunta e gli arresti e le sentenze dei tribunali francesi, i due ragazzi furono inviati in un convento di monaci in Spagna con l’ordine di essere tenuti nascosti. Nel frattempo, col tentativo di recuperare il favore dell’opinione pubblica, il Cardinale Montini mandò al Nunzio Vaticano in Svizzera la bozza di un articolo che avrebbe dovuti apparire su un giornale locale come firmato da un qualunque redattore. Nel pezzo, ritrovato tra i documenti vaticani, si sosteneva che i due ragazzi si autoconsideravano dei “rifugiati” e invocavano il diritto d’asilo in Spagna. Era l’aprile del 1953 e i ragazzi avevano oramai dodici e undici anni.

Passarono altri tre mesi senza nuove notizie. Si sapeva che stavano in Spagna ma non esattamente dove. Si mossero allora la diplomazia francese, quella spagnola e quella israeliana. Alla fine, il clero spagnolo affermò ufficialmente chesenza un ordine formale che arrivi da Roma, i ragazzi rimarranno nella clandestinità”.

Interviene a questo punto nientemeno che il Generale catto/fascista Franco, il Caudillo, che propone di scambiare i bambini con quattro attivisti baschi, prigionieri in Francia.

La proposta, inaccettabile, viene seccamente rifiutata dalla Francia.

La pressione mediatica mondiale comunque stava montando e, ad un certo punto, in Vaticano si cominciò a temere per la ripercussione negativa sull’immagine del papato stesso. L’Osservatore Romano pubblicò allora un articolo in cui si sosteneva che l’accordo raggiunto dall’episcopato francese non avrebbe permesso alla famiglia Finaly di portare i ragazzi in Israele per farli diventare ancora ebrei.

I due ragazzi … hanno dichiarato il loro desiderio di rimanere cattolici … di professare e praticare il cattolicesimo”.

Le pressioni dell’opinione pubblica, tuttavia, erano così così forti in Francia da obbligare il Vaticano a dare via libera alla restituzione dei due ragazzi. Il 25 di Luglio i due atterravano finalmente a Tel Aviv.

Ciononostante, il cardinale Montini scrisse alla fine di settembre una lettera di protesta al governo francese attraverso l’ambasciatore presso il Vaticano sottolineando che i due ragazzi erano stati battezzati e che con il loro viaggio in Israele “la loro educazione cattolica sarebbe stata compromessa”.

Gerard dopo essere diventato ufficiale dell’esercito israeliano ha lavorato come ingegnere. Robert ha esercitato da medico, esattamente come suo padre.

Concludo con TRE DOMANDE legittime, senza intenti polemici ma a mero scopo conoscitivo:

Concludo con TRE DOMANDE legittime, senza intenti polemici ma a mero scopo conoscitivo:

1) PRIMA DOMANDA: Perché il magistrato italiano ha nominato tutrice dell’orfano Aytan la zia Aya, in deroga all’art. 348 del codice civile che privilegiava i nonni? In altre parole, quali sono i gravi “motivi” che hanno indotto il magistrato italiano a nominare tutrice la zia, quando la legge gli imponeva di privilegiare in prima battuta i nonni? I Nonni erano e sono forse degli incapaci, degli anafettivi, dei soggetti che avrebbero pregiudicato l’INTERESSE del minore ad essere allevato ed istruito in modo decente? E ancora: se dei nonni, lettori di questo post, dovessero perdere i propri figli, ma non il nipote, sarebbero CONTENTI che il loro nipote venisse affidato ad una zia o ad uno zio, piuttosto che prendersi direttamente cura del proprio nipote, ricevendolo nella loro casa? E’ gradita una risposta.

2) SECONDA DOMANDA: Quale stravagante rilievo giuridico può assumere, ai fini della nomina del tutore, la circostanza che Aitan risiedesse, al momento della strage dei suoi genitori, del fratellino e dei bisnonni, in Italia, piuttosto che in Israele, o che risiedesse invece in Israele, piuttosto che in Italia? La legge impone infatti che sia tutelato SOLO l’INTERESSE del minore, e a questo fine non assume alcun rilievo la circostanza della residenza in un Paese piuttosto che in un altro, posto che nulla impediva ed impedisce che Aytan, dopo aver subito questa ignobile strage da parte degli italiani, possa trasferirsi in Israele, dove ha i parenti più prossimi. Si vuole forse “indottrinare” Aytan al cattolicesimo, facendogli magari frequentare una scuola privata “cattolica”, anziché una scuola pubblica laica? Una risposta è gradita, magari dalla Stampa.

3) TERZA DOMANDA: Quale fondamento ha l’INSINUAZIONE, diffusa dalla Stampa italiana, secondo cui i nonni materni aspirerebbero alla nomina di tutori solo per bieche finalità economiche, e cioè per “ereditare” il patrimonio del bisnonno Itshak, morto nell’incidente del Mottarone? Questa insinuazione velenosa, che si fonda sullo stereotipo razzista dell’ “ebreo avaro e taccagno”, non ha alcun fondamento giuridico, posto che l’eredità del bisnonno Itshak dovrebbe pervenire ai suoi figli, e cioè ai nonni viventi, e non al pronipote Aytan, salvo un testamento che disponga in modo diverso, ovviamente nel rispetto delle norme vigenti in Israele. Del tutto demenziale e velenosa è l’insinuazione che il bisnonno Itshak “potrebbe” (sic !!) aver nominato erede la madre di Aytan e che, essendo questa morta nella funivia del Mottarone, l’eredità perverrebbe al povero Aytan in seconda battuta: anche un imbecille a denominazione controllata dovrebbe infatti sapere che, ove si realizzi questa ipotesi, NESSUN TUTORE di Aytan -sia che si tratti della zia paterna Aya Biran, sia che si tratti dei nonni materni Shmuel Peleg ed Eshter Cohen- potrebbe MAI APPROPRIARSI dell’eredità di Aytan. Essere nominati “tutori” di un minorenne non significa, infatti, essere autorizzati a “saccheggiare” il patrimonio del soggetto incapace ma, al contrario, essere OBBLIGATI ad AMMINISTRARLO nell’esclusivo interesse del minore, rendendo poi il CONTO di questa gestione al Giudice Tutelare. Quindi l’ipotesi ventilata dal marito di Aya Biran, tale Or Niko -che è stata acriticamente recepita e diffusa dalla Stampa Italiiota- secondo cui “è lecito ipotizzare il movente economico nel rapimento di Eitan, potendo questi risultare secondo in linea di successione”, nient’altro è se non una BESTIALITA’ GIURIDICA che può essere diffusa solo da soggetti che intendono perseguire scopi diffamatori.

giovedì 11 novembre 2021

Papa Francesco premiato come l’ “uomo più misogino dell’anno” (postato da Luigi Tosti)


 

Papa Francesco premiato come l’ “uomo più misogino dell’anno”


La rivista femminista tedesca EMMA ogni anno premia l’uomo che nell’anno precedente si è distinto per atteggiamenti e dichiarazioni sessiste. Quest’anno il riconoscimento di "Sexist Man Alive" è andato a Bergoglio. Dal momento che Mamma RAI-TeleVaticano e la massima parte degli asserviti giornalisti/pennivendoli e mass media dell'italica Colonia del Vaticano si guardano bene dal diffondere la notizia, mi premuro di farlo io, peraltro sottolineando che quanto scritto dalla rivista tedesca è una millesima parte dei crimini, delle nefandezze e delle violazioni dei diritti umani attribuibili alla Chiesa, qualunque sia il papa che la governa.

Fonte: https://www.micromega.net/papa-francesco-misogino-dell'anno/

 

Ci sono molte cose buone da dire su questo papa. Quando, nel 2013, l’argentino di origine italiana si è trasferito in Vaticano, non si è comodamente sistemato nelle magnifiche stanze papali, ma nella residenza degli ospiti. Non indossa scarpe di pelle rossa e stole ricamate in stile barocco, ma sandali e la semplice tonaca papale bianca. Rifiuta in modo plateale il fasto e cerca la vicinanza del popolo. E usa la sua autorità per criticare il capitalismo, contro il razzismo e per salvare il clima (“Siamo i guardiani, non i padroni del mondo”).

È un vero peccato dunque che ci siano anche aspetti di tutt’altro segno. E non solo nei dettagli, ma nell’essenza. Questo papa è infatti anche il capo di un sistema di apartheid in cui le donne sono persone di serie B. Sulla base del loro sesso biologico, sono relegate al ruolo di serve dei pii padroni e a pulire i pavimenti della Chiesa. Sono escluse dall’amministrazione dei sacramenti e dall’ordinazione al sacerdozio, cioè dall’accesso autonomo a Dio, che è possibile esclusivamente attraverso i pii padroni.

Ancora nel XXI secolo, il Vaticano è la più antica ed ermetica associazione di uomini di questo mondo. In cui, non a caso, gli uomini che amano gli uomini si sentono particolarmente a loro agio. E questo papa fa in modo che continui a essere così. Con il disprezzo per le donne nascosto dietro la loro idealizzazione. E con la violenza sessuale a lungo ignorata.

Questo papa non solo non sta combattendo i sistematici abusi su bambini e giovani (per non parlare delle donne), ma sta anche proteggendo i colpevoli e i complici. Solo in Francia, dagli anni Cinquanta si contano più di 300.000 vittime e circa 3.000 colpevoli. Oggi siamo nel XXI secolo e se qualcosa è stato fatto non è certo stato per una sua autonoma iniziativa: è stata la base a costringere Sua Santità a farlo.

Questo papa ignora le innumerevoli donne cattoliche impegnate nel mondo che lottano da decenni per il diritto di accedere al sacerdozio o almeno di diventare diacone. Dice loro paternalisticamente: “Un tale riduzionismo [come la richiesta del sacerdozio anche per le donne] ci porta a credere che alle donne verrebbe concesso uno status nella Chiesa e una maggiore partecipazione solo se fossero ammesse agli Ordini sacri”. E ancora: questo porterebbe “anche subdolamente a un impoverimento del loro indispensabile contributo”. Abbiamo capito, Santo Padre. Continueremo felicemente a lavorare per Madre Chiesa, diligentemente e anonimamente. Senza voce in capitolo, senza potere, senza ricompense. Tanto noi donne ci siamo abituate.

Questo papa inoltre non sta cercando di mitigare il conflitto sistemico sull’aborto, ma al contrario non fa che esacerbarlo. Sta diventando il capo dei sobillatori contro le donne che vivono una gravidanza indesiderata e coloro che si pongono al loro fianco.

Nell’udienza generale in piazza San Pietro il 10 ottobre 2018, il papa ha dichiarato che “il male nel mondo” deriva dal “disprezzo della vita”. E quale sarebbe questo male? Ma certo, l’aborto. Un “modo di pensare contraddittorio”, ha denunciato, permette oggi l’aborto persino “in nome della protezione di altri diritti”. Quali diritti? I nostri, naturalmente. Perché “non si può porre fine a una vita umana, anche piccola, per risolvere un problema. È come pagare un assassino per risolvere un problema”. Abbiamo capito bene? Le donne che abortiscono sarebbero assassine a pagamento!

Questa, Santo Padre, è semplicemente l’ultima goccia! Adesso basta!

Basta con il paternalismo nei confronti di metà dell’umanità. “Dio ama la vita”, Lei dice. Che cinismo, Santo Padre. Dovrebbe infatti sapere che, secondo le stime dell’Onu, 47.000 donne muoiono ogni anno nel mondo a causa di aborti illegali, e altre centinaia di migliaia subiscono danni irreparabili o rimangono infertili a vita. E Lei è uno dei maggiori responsabili di questi aborti illegali, a partire dalla demonizzazione della contraccezione.

Due donne su tre che abortiscono sono già madri; in molte parti del mondo spesso madri di numerosi bambini che riescono a malapena a nutrire. E voi osate accusare queste donne e noi europee di abortire perché siamo sedotte da “soldi, potere e successo”!

In verità se guardiamo più da vicino la Sua idea di donna, tutto ciò non è affatto sorprendente. Perché per Lei le donne non sono esseri umani completi, ma subumani. Dietro la sua idealizzazione della Madonna c’è una nuda misoginia. La sua predica in occasione della ricorrenza di Maria Santissima Madre di Dio del 1° gennaio 2021, per esempio, è un documento di apartheid. Se lei parlasse in modo così paternalistico e con quel tono di superiorità dei neri o degli ebrei, un grido di indignazione attraverserebbe il mondo.

Perché il nucleo del suo pensiero, come quello di tutti gli oscurantisti, è il disprezzo per le donne. Noi donne siamo “altro”, non siamo uguali nei diritti, ma solo di pari valore. E cosa ciò significa naturalmente lo decidete voi uomini. È così che sempre inizia la discriminazione contro un certo gruppo di persone: gli uni fanno di quel gruppo gli “altri”.

Nella citata predica Lei definisce le donne come “la carne più nobile del mondo” che “ci ha concepito e ci ha dato alla luce”, mentre oggi la maternità sarebbe umiliata “perché l’unica crescita che interessa è quella economica”. In altre parole, Lei gioca la carta della critica del capitalismo contro l’emancipazione delle donne. E insiste: “È compito della donna occuparsi della vita. La donna dimostra che il senso della vita non è continuare a produrre qualcosa, ma prendersi cura di ciò che c’è”.

Per essere un uomo, sembra che lei sappia molto bene quale sia il compito della donna! Ma che ne direbbe se gli uomini, soprattutto gli uomini di Chiesa, iniziassero a darsi da fare anche loro per salvare il mondo e proteggere la vita? Accudire e proteggere, invece di abusare e abbandonare? Lavare e stirare, invece di predicare dal pulpito arroganza e misoginia infagottati nei paramenti appena inamidati?

Santo Padre, non sono solo le femministe di EMMA e Maria 2.0[1] a trovare la sua idea della donna arcaica e scandalosa. Sono le donne di tutto il mondo a ribellarsi contro di essa. Un’idea di donna, la Sua, che porta con sé come conseguenza il fatto che siano proprio le donne cattoliche ad abortire più frequentemente. Semplicemente perché, grazie al Suo sistematico ignorare la violenza sessuale e demonizzare il piacere e la contraccezione, sono tra coloro che più spesso rimangono incinte involontariamente. E una donna che non vuole o non può avere un bambino abortisce. Non importa in cosa crede.

Quando è entrato in carica otto anni fa, Lei ha suscitato grandi speranze di riforme e di più umanità. Ci ha ingannato.

E come se tutto questo non bastasse, Lei propugna anche l’esorcismo. Nel 2014 ha salutato con soddisfazione la fondazione dell’Associazione Internazionale degli Esorcisti perché, disse, “il diavolo nel XXI secolo esiste ancora. E dobbiamo imparare dalla Bibbia come combatterlo”.

Durante questi esorcismi, i sacerdoti cospargono il “posseduto” di acqua santa e mormorano preghiere. Può anche succedere che una delle vittime muoia. Come la studentessa tedesca Anneliese Michel nel 1976. Dopo 67 esorcismi in due mesi era arrivata a pesare 31 chili.

Oggi, anche grazie alla Sua propaganda, solo in Italia ci sono più di 200 esorcisti, circa 300 in Polonia, e l’arcidiocesi di Colonia ha un commissario ufficiale per gli esorcismi, il prelato Helmut Moll. Colonia? Il nome di questa città dovrebbe far suonare un campanello nelle Sue orecchie papali. Casi di abuso insabbiati, fedeli che abbandonano in massa la Chiesa, donne ribelli.

Ingiustamente egregio Papa Francesco, alla luce di tutto questo non sarà sorpreso se diciamo che, in base alla Sua colpa, Sua colpa, Sua grandissima colpa, siamo giunte alla conclusione che quasi nessuno nel mondo cristiano ha tanta responsabilità per la miseria delle donne e dei bambini quanto Lei. Per questo ha più che meritato il titolo “Sexist Man Alive”, uomo più misogino dell’anno.


NOTA:

Il Vaticano ha dato statuto giuridico all’organizzazione internazionale degli esorcisti (Aie). Lo scrive l'Osservatore Romano, che sottolinea come i preti nemici di Satana siano ora riconosciuti formalmente.  In base al canone 322 paragrafo 1 del Codex iuris canonici, ne sono stati approvati gli statuti, conferendo all'Aie personalità giuridica privata quale associazione privata internazionale di fedeli. Una idea, quella di riunire gli esorcisti in una associazione, venuta negli anni Ottanta a don Gabriele Amorth, religioso della Società San Paolo, all'epoca uno degli esorcisti più noti e impegnati della diocesi di Roma. "In quel periodo infatti si andavano diffondendo le pratiche occulte e un crescente numero di fedeli, ritenendosi in pericolo o minacciati, si rivolgeva a esorcisti", si legge sul quotidiano vaticano. "Maturò allora nel paolino l'idea di riunire gli esorcisti per scambiare esperienze e riflessioni in modo da poter offrire un aiuto più concreto ed efficace a quanti si rivolgevano loro".



La storia dell'Associazione italiana esorcisti

E’ il 4 settembre 1991 quando nasce l'Associazione italiana esorcisti. Negli anni successivi padre Amorth fa in modo che la rete si estenda anche agli esorcisti di altri paesi. Oggi l’associazione conta circa duecentocinquanta esorcisti in trenta Nazioni. Ed è arrivata anche l’approvazione del Vaticano. Un evento che, ha detto all'Osservatore romano padre Francesco Bamonte, esorcista della diocesi di Roma, che "è motivo di gioia non solo per noi associati, ma per tutta la Chiesa", nella quale "Dio chiama alcuni sacerdoti a questo prezioso ministero dell'esorcismo e della liberazione, con il compito di accompagnare con umiltà, fede e carità queste persone bisognose di una specifica attenzione spirituale e pastorale per sostenerle e incoraggiarle". Il presidente dell'Aie si augura poi che “altri sacerdoti si rendano conto” di quella che definisce una “drammatica realtà, spesso ignorata o sottovalutata". Infatti, anche “l'esorcismo è una forma di carità, beneficio di persone che soffrono; esso rientra, senza dubbio, tra le opere di misericordia corporale e spirituale”.


Fonte: https://www.fanpage.it/esteri/papa-francesco-sta-con-gli-esorcisti-il-vaticano-li-riconosce-ufficialmente/


lunedì 8 novembre 2021

330.000 bambini sodomizzati dai preti cattolici francesi: e in Italia? (di Luigi Tosti)

 





330.000 bambini sodomizzati dai preti cattolici francesi: e in Italia? A questa domanda risponde Papa Francesco: “Io vorrei far sapere quanti bambini sono stati abusati dai preti italiani, ma i cardinali “cattivoni” non me lo permettono. Comunque la mia Chiesa è trasparente e cristallina come una lastra di piombo spessa 100 metri”.

Questa è la notizia che è stata sapientemente occultata da Mamma RAI-Vaticano e dai pennivendoli/zerbini della “Stampa” italiana:

08 Novembre 2021

La Chiesa francese risarcirà migliaia di vittime di pedofilia con la vendita di immobili.

Negli ultimi 70 anni nel Paese transalpino sarebbero 330.000 i minorenni abusati da sacerdoti.

La Chiesa francese rimborserà le migliaia di vittime di pedofilia da parte del clero, vendendo una parte delle proprietà immobiliari in suo possesso. E' quanto ha annunciato il presidente della Conferenza episcopale francese (Cef), monsignor Eric de Moulins-Beaufort, al termine dell'assemblea plenaria svoltasi a Lourdes. De Moulins-Beaufort aveva già annunciato da parte della Chiesa la promessa di istituire un fondo per iniziare a pagare le vittime. Ora questo fondo sarà rafforzato «dalla vendita di beni immobiliari di proprietà della Conferenza episcopale di Francia e delle diocesi».

I vescovi hanno fra l'altro deciso la creazione di un organismo nazionale incaricato dei risarcimenti «caso per caso» delle vittime di violenze sessuali. L'istanza sarà presieduta da una giurista, ha precisato mons. de Moulins-Beaufort, Marie Derain de Vaucresson, ex difensore dei bambini, che creerà una sua squadra sul modello di quella della Commissione indipendente Sauvé sulla pedofilia nella Chiesa francese. Tale commissione ha pubblicato risultati clamorosi il mese scorso, rivelando l'ampiezza delle violenze pedofile nella Chiesa negli ultimi 70 anni: 330.000 le vittime minorenni di sacerdoti, addetti a vari livelli e personale laico della chiesa.

Chiudendo i lavori a Lourdes, l'arcivescovo di Reims ha poi annunciato che i vescovi hanno chiesto al Papa di aiutarli, "inviando qualcuno" di fiducia per "esaminare" la situazione legata allo scandalo. Tra le altre misure, la Cef ha deciso di chiedere una verifica "sistematica" dei precedenti giudiziari di ogni incaricato della diocesi che lavora a contatto con i minori. I vescovi hanno inoltre confermato la creazione di un tribunale penale canonico interdiocesiano che entrerà in funzione dall'aprile 2022 composto da laici e prelati. Altre misure di diritto canonico, di competenza del Vaticano, saranno trasmesse a Papa Francesco. I membri della commissione Sauvé, Eric de Moulins-Beaufort e la presidente della Corref (ordini religiosi) Véronique Margron, hanno appuntamento con il Pontefice a Roma il prossimo 9 dicembre.