Ultimamente i media si sono occupati dei casi delle case occupate da estranei e della sostanziale impossibilità di ottenerne la restituzione, se non dopo costose iniziative legali e i soliti tempi biblici. Emblematico è il caso del pensionato che, dopo essersi ricoverato in ospedale, ha trovato l'amara sorpresa del suo appartamento che era stato occupato da estranei, che avevano anche cambiato la serratura, appropriandosi anche di tutti i beni mobili contenuti nel suo appartamento. Questo pensionato ha chiesto l'intervento delle forze dell'ordine che, però, gli hanno amaramente comunicato che "non potevano far nulla perché la legge italiana non consentiva loro di intervenire, se non dietro ordine di un magistrato".
Dal momento che "questa risposta è una bestialità giuridica" che è stata recepita da tutta la stampa e che le forze dell'ordine in questione, poi, si sono fatte "belle" davanti alla Stampa solo al termine di questa vicenda, cioè quando il povero pensionato è stato costretto a rivolgersi ad un giudice civile per ottenere un'ingiunzione di rilascio (che gli è costata un pacco di soldi), mi preme intervenire sulla questione per ristabilire un po' di verità.
Infatti, quello che è accaduto al povero pensionato non è imputabile ad una "mancanza di legge", come tutti i media hanno affermato e si vorrebbe far credere, ma all'insipienza e alla violazione dei doveri che l'art. 55 del codice di procedura penale imponeva ed impone alle forze dell'ordine che sono state chiamate dal pensionato. L'occupazione di immobile è infatti un reato permanente previsto e punito dall'art. 633 del codice penale, perseguibile a querela, e quindi la richiesta di intervento della persona offesa equivaleva ad una querela orale della vittima, per cui i carabinieri non potevano esimersi dall'identificare gli autori del reato, suonando ed introducendosi nell'appartamento anche con la forza, e non potevano neppure esimersi dal porre termine al reato di "occupazione di immobile" che, al pari del reato di "sequestro di persona", è un reato permanente, che cioè si considera in atto sino a che l'autore del reato non cessa l'azione delittuosa.
L'art 55 del codice di procedura penale, titolato "Funzioni della polizia giudiziaria", dispone infatti che "La polizia giudiziaria DEVE, anche di propria iniziativa, prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale." Nessuna di queste azioni, doverose, è stata posta in essere dai carabinieri. E questo avviene usualmente, perché le Forze dell'Ordine se ne strafottono in realtà dei diritti dei cittadini e degli OBBLIGHI che gravano su di loro: e il motivo è rappresentato dal fatto che non vogliono prendersi alcuna responsabilità e perché, poi, "voja de lavorà sarteme addosso, lavora tu che io non posso". Ma tutto questo è un abuso e un'omissione di atti di ufficio, non una "carenza" di norme o un "eccesso di burocrazia".
Per rendersi conto dell'abuso e dell'omissione di atti di ufficio che
sono stati commessi dai carabineri ai danni del pensionato in questione, basta riflettere sul fatto che costui avrebbe potuto chiedere l'intervento dei carabinieri perché sua
figlia era stata rapita e sequestrata all'interno di quell'appartamento. E
allora c'è da chiedersi: cosa avrebbero fatto i nostri augusti carabinieri? Avrebbero forse detto al pensionato che
"senza ordine del magistrato non potevano far nulla e che il pensionato si
doveva presentare il giorno successivo, presso una caserma, per sporgere
regolare denuncia", magari mentre sua figlia veniva stuprata, torturata
o uccisa all'interno del suo appartamento, oppure veniva trasferita in altra
località ignota per perpetuare il sequestro e rimanere impuniti? Sarei curioso di verificare se esiste un soggetto, appartenente alle Forze dell'Ordine, tanto sfrontato da rispondere a questo quesito in senso positivo. Visto che questo non accadrà mai, c'è chiedersi allora perché mai il nostro povero pensionato si sarebbe dovuto
allontanare dalla sua casa per sporgere querela -così come "consigliato" dagli augusti carabinieri- permettendo quindi che le delinquenti, che
avevano occupato illegalmente il suo appartamento, seguitassero imperterrite nella consumazione del reato e, altresì, gli rubassero i suoi beni e gli danneggiassero la casa.
Ma c'è anche da chiedersi "che cosa" sarebbe avvenuto se l'appartamento occupato abusivamente fosse appartenuto ad un carabiniere che si era allontanato da casa per farsi curare in ospedale, oppure ad un Questore o un Magistrato o al Presidente della Repubblica o al Papa o ad altro Papavero di questa Repubblica delle Banane. Io la risposta la so: e voi, riuscite ad immaginarvela?
In realtà queste bestialità giuridiche, propinate dalla Stampa, possono essere affermate solo da ignoranti o da lavativi che si sottraggono all'adempimento dei loro doveri, pur essendo pagati con le nostre tasse. Soggiungo che di fronte ad un reato permanente chiunque ha il diritto di esercitare la legittima difesa, perché l'offesa ingiusta, che si riceve nei reati permanenti, è sempre attuale. La Cassazione (Sez. 1, Sentenza n. 10368/1984) ha affermato che "L'attualità del pericolo di un'offesa ingiusta si identifica con la esistenza di una situazione pericolosa ancora in atto al momento della reazione e si protrae fino a quando essa permane". Quindi, l'autodifesa è legittima quando l'offesa ingiusta del diritto è in corso e può essere interrotta grazie ad una azione lesiva posta in essere nei confronti dell'aggressore: il che accade di REGOLA nei reati permanenti, come l'occupazione di immobile o il sequestro di persona, nei quali l'azione delittuosa si protrae per effetto della condotta volontaria di chi occupa abusivamente l'immobile o sequestra la persona.
Dunque il pensionato avrebbe potuto, dopo l'ingiustificato rifiuto dei carabinieri, attaccarsi al campanello per ore ed ore per farsi aprire e, in caso di mancata apertura della porta, avrebbe potuto forzarla, identificare gli autori del reato con la forza e, infine, cacciarli a pedate nel culo dal suo appartamento. Lo stesso identico comportamento potrebbe tenere chi, dopo avere identificato il luogo dove viene tenuta sequestra la propria figlia e dopo aver vanamente chiesto l'intervento dei carabinieri, si vede costretto -di fronte al rifiuto dei carabinieri di intervenire- ad esercitare il diritto di legittima difesa per liberare la propria figlia, anche con la forza e, se del caso, anche uccidendo i sequestratori se questi attentano alla sua vita.
E concludo che, se mi fossi trovato o dovessi trovarmi nella stessa situazione del povero pensionato, potete
star certi che quello che ho sopra descritto sarà il mio comportamento e, anzi, prima di metterlo in
atto riprenderò con una videocamera o col telefonino i carabinieri, ai quali
rivolgerò l'invito ad intervenire immediatamente, filmandoli e preavvisandoli che, in caso di loro omesso intervento ex art. 55 del C.P.P., agirò immediatamente e direttamente per legittima difesa, cioè sfascerò la porta (o la serratura) e
caccerò a pedate nel culo gli occupanti, ovviamente dopo averli identificati attraverso la sottrazione delle loro carte di identità.
E questo non si chiama "esercizio arbitrario delle proprie
ragioni", bensì legittima difesa necessitata dall'ingiustificato rifiuto di atti di ufficio
da parte delle cosiddette forze dell'ordine.
Spero di essere stato chiaro. Questo non è fascismo, ma rispetto delle regole e dei diritti.
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