Ogni tanto, navigando in Internet, capita di incappare in persone che affrontano l'argomento scottante del crocifisso negli uffici pubblici con onestà, coraggio e professionalità. Si tratta di evento sempre più raro, perché la maggior parte delle persone che si cimentano su questo tema preferiscono parteggiare per la Chiesa per codardia, per indifferenza e per opportunismo. E' con piacere, pertanto, che riporto, qui di seguito, quanto sagacissimamente scritto da Claudio Giusto sul sito http://www.osservatoriosullalegalita.org/ Null'altro mi sento di aggiungere o commentare.
“Io credo nell'intelligenza dell'universo, con l'eccezione di qualche cantone svizzero” Woody Allen
In Svizzera hanno fatto un referendum per vietare i minareti. Visto l’inaspettato successo ne organizzeranno presto un altro per vietare anche negri e italiani. Questi ultimi, pur essendo le vittime preferite del razzismo elvetico, ‘sto referendum l’hanno apprezzato moltissimo e quelli che si credono celti solo perché vanno in giro colle corna ne auspicano uno in Italia.
Costoro, nonostante la mania delle liturgie neo-pagane, vogliono inserire nel tricolore la croce o il crocefisso, che per loro sono la stessa cosa, ma non sappiamo se sarà una croce celtica e se l’apposizione avverrà prima o dopo l’avere esposto il vessillo nel cesso. In ogni caso quanto avvenuto in Svizzera dimostra, come se non bastasse quello che fanno gli israeliani ai palestinesi, che democrazia non significa necessariamente rispetto dei diritti umani. Di questo “legalismo da camere a gas” (1) farà giustizia la Corte Europea dei Diritti Umani, le cui sentenze “sono di straordinaria importanza, [anche se] pochi le conoscono” (2)
II “We few, we happy few, we band of brothers”
Ora fra questi pochi ci sono anche gli abitanti della penisola. Una recente, impeccabile, sentenza della Corte Europea ha avuto il merito di evidenziare in tutto il suo abbacinante fulgore la spaventosa ignoranza, ai limiti dell’ analfabetismo, dei nostri politicanti: nessuno dei quali ha avuto l’accortezza di leggerla prima di giudicarla. Costoro (senza considerare alcuni commenti di una volgarità rivoltante) hanno mescolato il Consiglio d’Europa con l’Unione Europea, la Corte Europea dei Diritti Umani con la Corte di Giustizia dell’UE, la croce con il crocefisso e il rispetto dei diritti umani con il lardo di colonnata: e hanno avuto il coraggio di dire e scrivere cose come questa: ''Se in Europa esiste la Corte di Giustizia, mantenere in piedi la Corte europea dei diritti non costituisce, soprattutto dopo Lisbona, un doppione inutile? Dopo la sentenza di ieri verrebbe da dire: inutile e dannosa''.
III I fatti e la sentenza.
Una signora finlandese, sposata a un italiano, con figli italiani ed essa stessa cittadina italiana, si è messa in testa di educare i suoi ragazzi all’ateismo. La sua pretesa, per quanto “disdicevole”, non è un reato, ma si scontra con l’abitudine di impiantare in ogni luogo scolastico pubblico, e quindi pagato anche dalle tasse degli atei, il simbolo della religione ritenuta dominante in questo paese. La signora protesta perché, secondo lei, la presenza del simbolo religioso può indurre i suoi figlioli a ritenere che quanto viene loro insegnato a casa non sia poi così vero e ne chiede la rimozione. Le autorità scolastiche se ne guardano bene e la signora si rivolge a numerosi tribunali della Repubblica. Tribunali che si esibiscono in una serie di sentenze una più surreale dell’altra.
A questo punto la testarda signora continua la sua lotta fuori dai confini nazionali e ottiene udienza presso la Corte Europea dei Diritti Umani del Consiglio d’Europa: organismo questo, non poi così finto, di cui fanno parte tutti i paesi del continente europeo (manca solo il Belarus) e da non confondere con l’Unione Europea che conta 27 membri su 47. La Corte ascolta sia lei che il governo italiano e sentenzia, nel rispetto delle sue precedenti decisioni, quello che sa ogni persona onesta: cioè che l’esposizione di simboli religiosi nei luoghi pubblici è una chiara violazione della civile convivenza e delle norme internazionali.
IV Ipocrisia
La sentenza della Corte Europea ha mostrato quanto sia grande l’ipocrisia degli italiani quando si devono applicare quei diritti umani con cui tanto amano riempirsi la bocca. Gli italiani sono soliti pretendere il rispetto di questi diritti in ogni angolo di mondo, ma, nell’Affaire Lautsi c. Italie, ne hanno mostrato il più assoluto disprezzo e proprio quando questi devono essere applicati vicino a casa. Sembra che questi diritti pesino solo in luoghi esotici, mentre è proprio vicino a casa dove essi nascono. Questo rispetto elementare dei diritti di tutti non entra in testa ai sedicenti difensori della civiltà occidentale, che vanno affermando essere il crocefisso simbolo universale, anche se ci sono luoghi in Europa dove vi sparano addosso se vi presentate con un crocefisso.
Gli italiani non concepiscono l’elementare principio dell’esistenza di “zone neutre” dove non siamo altro che esseri umani, perché se, entrando in un posto qualsiasi, vi trovo un sorridente Buddha penso di essere in un ristorante cinese e non all’Inps. Se invece vedo un grande crocefisso ligneo è più probabile che io sia in tribunale che non in un convento, ma, al contrario del ristorante cinese, non vado in tribunale per il mio personale piacere.
Eppure, più di mezzo secolo fa, la Signora Eleanor Roosevelt era stata chiara: “Dove nascono, in fin dei conti, i diritti umani universali? In posti piccoli, vicino casa. In posti così piccoli e vicini che non possono essere visti in nessuna mappa. Eppure questi luoghi sono il mondo dell’individuo: il quartiere in cui vive, la scuola o l’università che frequenta, la fabbrica o l’ufficio in cui lavora. Questi sono i posti in cui ogni uomo, donna o bambino cerca la parità senza discriminazioni nella giustizia, nelle opportunità e nella dignità. Se questi diritti non hanno significato là, significano poco ovunque e se non sono applicati vicino casa non lo saranno nemmeno nel resto del mondo.”
V La sentenza Lautsi ha gettato la chiesa cattolica nel panico.
Qualche alto prelato, invece di pensare ai guai suoi, ha fatto la “sparata” dell’Europa che ci lascerebbe solo la zucca di Halloween e persino un settimanale solitamente sobrio come Famiglia Cristiana ci ha rovesciato addosso una quantità di fesserie da fare impallidire quelle leghiste. Hanno avuto l’impudenza di dire che, se non è giusto imporre il loro simbolo religioso in alcuni luoghi, allora coerenza impone di demolire ogni croce e radere al suolo ogni chiesa. Affermazioni che fanno dubitare (queste sì) del tasso alcolico di chi le scrive.
Ovviamente c’è sotto ben altro che qualche crocefisso attaccato al muro. In prospettiva ci sono altre cause e sentenze: sull’otto per mille obbligatorio, l’ICI non pagata, l’ora di religione senza alternative, eccetera. Insomma la chiesa cattolica teme di perdere la sua ferrea presa sulle finanze del cittadino italiano. Quella sulle coscienze l’ha persa molto tempo fa.
Il resto sono solo zucche vuote.
Note1 Italo Mereu, “La morte come pena”, Roma, Donzelli, 1982- 2000, p 197 2 Antonio Cassese “I diritti umani oggi”. Laterza, 2005, p 134
* membro del Comitato scientifico dell'Osservatorio
In Svizzera hanno fatto un referendum per vietare i minareti. Visto l’inaspettato successo ne organizzeranno presto un altro per vietare anche negri e italiani. Questi ultimi, pur essendo le vittime preferite del razzismo elvetico, ‘sto referendum l’hanno apprezzato moltissimo e quelli che si credono celti solo perché vanno in giro colle corna ne auspicano uno in Italia.
Costoro, nonostante la mania delle liturgie neo-pagane, vogliono inserire nel tricolore la croce o il crocefisso, che per loro sono la stessa cosa, ma non sappiamo se sarà una croce celtica e se l’apposizione avverrà prima o dopo l’avere esposto il vessillo nel cesso. In ogni caso quanto avvenuto in Svizzera dimostra, come se non bastasse quello che fanno gli israeliani ai palestinesi, che democrazia non significa necessariamente rispetto dei diritti umani. Di questo “legalismo da camere a gas” (1) farà giustizia la Corte Europea dei Diritti Umani, le cui sentenze “sono di straordinaria importanza, [anche se] pochi le conoscono” (2)
II “We few, we happy few, we band of brothers”
Ora fra questi pochi ci sono anche gli abitanti della penisola. Una recente, impeccabile, sentenza della Corte Europea ha avuto il merito di evidenziare in tutto il suo abbacinante fulgore la spaventosa ignoranza, ai limiti dell’ analfabetismo, dei nostri politicanti: nessuno dei quali ha avuto l’accortezza di leggerla prima di giudicarla. Costoro (senza considerare alcuni commenti di una volgarità rivoltante) hanno mescolato il Consiglio d’Europa con l’Unione Europea, la Corte Europea dei Diritti Umani con la Corte di Giustizia dell’UE, la croce con il crocefisso e il rispetto dei diritti umani con il lardo di colonnata: e hanno avuto il coraggio di dire e scrivere cose come questa: ''Se in Europa esiste la Corte di Giustizia, mantenere in piedi la Corte europea dei diritti non costituisce, soprattutto dopo Lisbona, un doppione inutile? Dopo la sentenza di ieri verrebbe da dire: inutile e dannosa''.
III I fatti e la sentenza.
Una signora finlandese, sposata a un italiano, con figli italiani ed essa stessa cittadina italiana, si è messa in testa di educare i suoi ragazzi all’ateismo. La sua pretesa, per quanto “disdicevole”, non è un reato, ma si scontra con l’abitudine di impiantare in ogni luogo scolastico pubblico, e quindi pagato anche dalle tasse degli atei, il simbolo della religione ritenuta dominante in questo paese. La signora protesta perché, secondo lei, la presenza del simbolo religioso può indurre i suoi figlioli a ritenere che quanto viene loro insegnato a casa non sia poi così vero e ne chiede la rimozione. Le autorità scolastiche se ne guardano bene e la signora si rivolge a numerosi tribunali della Repubblica. Tribunali che si esibiscono in una serie di sentenze una più surreale dell’altra.
A questo punto la testarda signora continua la sua lotta fuori dai confini nazionali e ottiene udienza presso la Corte Europea dei Diritti Umani del Consiglio d’Europa: organismo questo, non poi così finto, di cui fanno parte tutti i paesi del continente europeo (manca solo il Belarus) e da non confondere con l’Unione Europea che conta 27 membri su 47. La Corte ascolta sia lei che il governo italiano e sentenzia, nel rispetto delle sue precedenti decisioni, quello che sa ogni persona onesta: cioè che l’esposizione di simboli religiosi nei luoghi pubblici è una chiara violazione della civile convivenza e delle norme internazionali.
IV Ipocrisia
La sentenza della Corte Europea ha mostrato quanto sia grande l’ipocrisia degli italiani quando si devono applicare quei diritti umani con cui tanto amano riempirsi la bocca. Gli italiani sono soliti pretendere il rispetto di questi diritti in ogni angolo di mondo, ma, nell’Affaire Lautsi c. Italie, ne hanno mostrato il più assoluto disprezzo e proprio quando questi devono essere applicati vicino a casa. Sembra che questi diritti pesino solo in luoghi esotici, mentre è proprio vicino a casa dove essi nascono. Questo rispetto elementare dei diritti di tutti non entra in testa ai sedicenti difensori della civiltà occidentale, che vanno affermando essere il crocefisso simbolo universale, anche se ci sono luoghi in Europa dove vi sparano addosso se vi presentate con un crocefisso.
Gli italiani non concepiscono l’elementare principio dell’esistenza di “zone neutre” dove non siamo altro che esseri umani, perché se, entrando in un posto qualsiasi, vi trovo un sorridente Buddha penso di essere in un ristorante cinese e non all’Inps. Se invece vedo un grande crocefisso ligneo è più probabile che io sia in tribunale che non in un convento, ma, al contrario del ristorante cinese, non vado in tribunale per il mio personale piacere.
Eppure, più di mezzo secolo fa, la Signora Eleanor Roosevelt era stata chiara: “Dove nascono, in fin dei conti, i diritti umani universali? In posti piccoli, vicino casa. In posti così piccoli e vicini che non possono essere visti in nessuna mappa. Eppure questi luoghi sono il mondo dell’individuo: il quartiere in cui vive, la scuola o l’università che frequenta, la fabbrica o l’ufficio in cui lavora. Questi sono i posti in cui ogni uomo, donna o bambino cerca la parità senza discriminazioni nella giustizia, nelle opportunità e nella dignità. Se questi diritti non hanno significato là, significano poco ovunque e se non sono applicati vicino casa non lo saranno nemmeno nel resto del mondo.”
V La sentenza Lautsi ha gettato la chiesa cattolica nel panico.
Qualche alto prelato, invece di pensare ai guai suoi, ha fatto la “sparata” dell’Europa che ci lascerebbe solo la zucca di Halloween e persino un settimanale solitamente sobrio come Famiglia Cristiana ci ha rovesciato addosso una quantità di fesserie da fare impallidire quelle leghiste. Hanno avuto l’impudenza di dire che, se non è giusto imporre il loro simbolo religioso in alcuni luoghi, allora coerenza impone di demolire ogni croce e radere al suolo ogni chiesa. Affermazioni che fanno dubitare (queste sì) del tasso alcolico di chi le scrive.
Ovviamente c’è sotto ben altro che qualche crocefisso attaccato al muro. In prospettiva ci sono altre cause e sentenze: sull’otto per mille obbligatorio, l’ICI non pagata, l’ora di religione senza alternative, eccetera. Insomma la chiesa cattolica teme di perdere la sua ferrea presa sulle finanze del cittadino italiano. Quella sulle coscienze l’ha persa molto tempo fa.
Il resto sono solo zucche vuote.
Note1 Italo Mereu, “La morte come pena”, Roma, Donzelli, 1982- 2000, p 197 2 Antonio Cassese “I diritti umani oggi”. Laterza, 2005, p 134
* membro del Comitato scientifico dell'Osservatorio
1 commento:
da marzo 2011 a settembre 2011 questo post ha ricevuto zero commenti...
Che gli italiani tutti,compresi quelli di Uaar, abbiano voluto mandare un inequivocabile messaggio a tosti e alla Corsetti....
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