domenica 20 marzo 2011

CHI VINCE, CHI PERDE (di Luigi Tosti)

Pubblico con piacere il primo commento alla sentenza della Grande Camera della CEDU dell'Avv. Carla Corsetti, Segretario nazionale di Democrazia Atea. Si tratta di un commento che non si addentra nell'analisi critico-giuridica della sentenza -che sarà fatta in seguito (anche da me)- ma pone in evidenza una delle più grottesche falsità che supportano la decisione della Grande Camera: e cioè che "il crocifisso non è un simbolo che esclude ma, al contrario, è un simbolo che include ed accoglie tutti coloro che la pensano in modo diverso". Si tratta, tanto per usare la famosa battuta di Paolo Villagio nel film La corazzata Potemkin, della più grande cagata che si possa affermare. E la riprova è nel fatto che il criminale regime razzistico di questa pseudo Repubblica, da un lato impone ai giudici di amministrare la giustizia sotto i crocifissi ma, dall'altro, vieta agli stessi di affiancare al crocifisso la menorà ebraica perché -si badi bene- questo simbolo offende la sensibilità dei cattolici, sicchè ritiene che sia "legittimo e conforme a diritto" che i giudici ebrei, che non accettano a buon diritto tale imposizione, debbano essere deportati e confinati in aule-ghetto sino al loro pensionamento: Ed hanno anche la sfrontata impudenza di affermare che il loro simbolo sia tollerante: ciò che colpisce in siffatte affermazioni -che risultano addirittura "scolpite" in sentenze emesse da giudici della Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura e da giudici delle Sezioni Unite della Cassazione civile- è la sconfinata impudenza e sfrontatezza: non si vergognano neppure di scrivere siffatte bestiali falsità.
Questo è il testo del comunicato dell'Avv. Corsetti Carla:
"Le battaglie culturali non hanno né vincitori né vinti, le battaglie di civiltà le vincono tutti o le perdono tutti.La differenza si misura tra chi ne è consapevole e chi non lo è. E noi siamo tra coloro che comprendono il valore universale di certe conquiste. La Corte Europea ci ha detto che il crocifisso è un simbolo passivo, inteso come inerte, e ci ha detto che addobbarlo nelle scuole pubbliche non costituisce violazione di diritti umani. Questa interpretazione, che non condividiamo, non ci fermerà.Non ci sentiamo culturalmente sconfitti e, a ben vedere, i veri sconfitti sono proprio i cattolici.Dopo questa sentenza nessun cattolico potrà più serenamente affermare che il crocifisso è un simbolo che “unisce”, né che è pacificamente condiviso.Dopo questa sentenza il crocifisso è confinato tra coloro che vogliono imporlo con prevaricazione e coloro che non vogliono subirlo.Ormai il crocifisso è inequivocabilmente, definitivamente e irreversibilmente il simbolo della prepotenza di un gruppo religioso a scapito di chi non aderisce a quella religione.I cattolici non sono stati in grado di difenderlo come è giusto fare con le cose più care e preziose, che si custodiscono nella riservatezza e nel privato. Pur di imporlo hanno accettato di privarlo della valenza religiosa e lo hanno presentato come simbolo culturale, hanno accettato di secolarizzarlo, non si sono sconvolti quando qualcuno ne ha giustificato l’ostensione sostenendo che poteva essere incluso tra gli arredi scolastici, come le sedie e i cestini dell’immondizia. Sono stati i primi a dissacrarlo.E noi accetteremo la sfida culturale e giudiziaria e continueremo a ricordarlo come un simbolo di morte, come un simbolo che ha accompagnato genocidi e guerre, stragi e stupri, sporchi affari e pedofilia.Non ci appartiene, nemmeno culturalmente, e da oggi abbiamo un motivo in più per toglierlo dalla vista dei nostri figli.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Aspetto con ansia il tuo commento sulla sentenza.