di Camillo Benso di Ripalta
Capita, sempre più di rado ahimè, di svegliarsi tardi la mattina. Capita di accendere svogliatamente la televisione e di imbattersi in un signore occhialuto ricoperto di ermellino che legge seriosamente, con netto accento napoletano, una accorata relazione. In pochi istanti si fa mente locale e ci si rende conto di trovarsi dinanzi all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2010.
Un secondo dopo, la telecamera passa dall’inquadratura a mezzo busto del Primo Presidente della Cassazione a quella della platea e l’occhio viene subito attratto dalla singolarità della disposizione delle persone in prima fila: al centro del corridoio, su poltrona appositamente sistemata per l’occasione, il Capo dello Stato, che, come noto, è anche Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura; alla sua sinistra il Presidente del Senato, rappresentante anch’egli di un organo costituzionale nonché supplente del Presidente della Repubblica e, dunque, II carica dello Stato; alla sua destra, a questo punto, ci si aspetterebbe di trovare la III carica dello Stato, cioè il Presidente della Camera dei deputati. E invece no: fa bella vista di sé un Cardinale tutto imporporato, alla destra del quale siedono sempre più defilati il Presidente della Camera, il Presidente della Corte costituzionale, il Ministro della Giustizia, il Vice Presidente del C.S.M. e così via.
Alla sinistra del Presidente del Senato invece, dopo il Presidente del Consiglio dei Ministri e altri membri del Governo, compare a un certo punto un altro ecclesiastico.
Al che viene da chiedersi: a quale epoca risale il protocollo sulla cui base è preparata la cerimonia? Tale protocollo è compatibile con il principio di laicità dello Stato? Qual è il senso della presenza di un Cardinale alla destra del capo dello Stato in mezzo a rappresentanti di organi costituzionali in una cerimonia che nulla ha a che spartire con l’esercizio della missione pastorale dello stesso?
Il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, per esempio, che avrebbe certamente maggior titolo di sedere nella prima fila, non foss’altro che per questioni di “competenza per materia”, trova posto nelle file successive.
Sicuramente ci sono problemi più urgenti e più gravi da risolvere riguardanti i privilegi incostituzionali, residui della storia patria, di cui ancora gode la Chiesa cattolica, ma ciò non toglie che le questioni simboliche siano importanti: così come lo Stato non deve assumere come proprio alcun simbolo di confessioni religiose per rispettare il principio di laicità (si dovrebbe, peraltro, sempre ricordare, en passant, che l’unico simbolo previsto in Costituzione è quel tricolore – art. 12 Cost. - che attuali Ministri della Repubblica, in passato cerimonieri di baccanali celtici in onore del Dio Po e oggi strenui sostenitori della presenza del crocifisso cattolico in ogni ufficio pubblico, volevano far appendere “sul cesso” della casa di una signora veneziana), la presenza di un esponente di una confessione religiosa in una posizione inequivocamente istituzionale, cioè a fianco di rappresentanti di organi costituzionali, è intollerabile.
Non essendo la Chiesa cattolica un organo costituzionale, sarebbe costituzionalmente doveroso adeguare i protocolli della cerimonie pubbliche statali, probabilmente ancora fermi al 1929.
Non essendo la Chiesa cattolica un organo costituzionale, sarebbe costituzionalmente doveroso adeguare i protocolli della cerimonie pubbliche statali, probabilmente ancora fermi al 1929.
NOTA: la foto si riferisce all'apertura dell'anno giudiziario 2019 davanti alla Cassazione. Come si vede, nel Regno di Vaticalia nulla è cambiato rispetto al 2010.
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