venerdì 4 settembre 2009

COMMENTO ALLA SENTENZA DELLA CASSAZIONE CHE HA ASSOLTO LUIGI TOSTI



Il 10 luglio scorso la Cassazione ha depositato le motivazioni della sentenza n. 28.482 del 2009 che ha annullato -senza rinvio- la condanna a sette mesi di reclusione che mi era stata inflitta dal Tribunale dell’Aquila il 18 novembre del 2005 e che era stata confermata dalla Corte di Appello aquilana.
La Cassazione ha accolto il motivo principale col quale avevo sostanzialmente denunciato che “questo processo non s’aveva neppure da fare” perché il reato di omissione di atti d’ufficio -che mi era stato contestato- non era giuridicamente configurabile: le udienze, infatti, erano state tenute da altri magistrati dopo che io avevo preannunciato, con anticipo, che mi sarei rifiutato di tenerle a causa dell’imposizione in aula del crocifisso cattolico e del contestuale divieto di esporre, al suo fianco, altri simboli ideologici, sicché il mio “rifiuto” poteva al più essere valutato in sede disciplinare, tenendo ovviamente conto delle cause che l’avevano originato.
Questa decisione era scontata, perché conforme alla costante giurisprudenza della Cassazione e, in particolare, alla sentenza delle Sezioni Unite del 25.5.1985 che io, “vanamente”, mi ero peritato di segnalare e produrre ai giudici aquilani.
Trattandosi di un motivo assorbente, la Corte di Cassazione ha omesso di esaminare tutti gli altri corposi motivi che presentavano -e che presentano- risvolti ben più importanti. Di questi, tuttavia, dovrà tener conto il CSM, se e quando sarà celebrato il procedimento disciplinare che è stato attivato a mio carico, per gli stessi identici comportamenti, dalla Procura Generale della Cassazione.
La sentenza della Cassazione è tuttavia importante perché la Corte ha pienamente accolto -seppur in via incidentale- la tesi da me prospettata, e cioè che “la circolare del Ministro di Grazia e Giustizia del 29/5/1926 è un atto amministrativo generale, che appare però privo di fondamento normativo e quindi in contrasto con il principio di legalità dell' azione amministrativa (artt. 97 e 113 Cost.)” e che, poi, la “circolare, tenuto conto anche dell'epoca a cui risale, non sembra essere in linea con il principio costituzionale di laicità dello Stato e con la garanzia, pure costituzionalmente presidiata, della libertà di coscienza e di religione”.
Ma c’è di più. Sulla base di tale assunto la Corte ha anche auspicato che il Ministro di Giustizia “riveda la propria scelta dell'arredo delle aule giudiziarie” ed ha suggerito che, in caso di persistente rifiuto, gli interessati possano proporre un ricorso giurisdizionale dinanzi al “giudice amministrativo”, sottolineando che è l’unico “che ha giurisdizione esclusiva al riguardo, ai sensi dell'art. 33 del d.lgs. n. 80/1998”.
Queste motivazioni della Cassazione, a me favorevoli, sono state riprese e diffuse solo da un ristretto numero di giornali (in particolare da Il Giornale e da Il Resto del Carlino) perché evidentemente non sono risultate gradite ai teocrati che governano l’italica Colonia del Vaticano: esse, comunque, meritano le seguenti mie riflessioni.
La prima riguarda la professionalità dei diciassette magistrati aquilani (5 pubblici ministeri, due GIP, un GUP, 6 giudici di tribunale e tre giudici di corte d’appello) che mi hanno sottoposto a ben due processi penali e mi hanno complessivamente condannato -per un reato inesistente- alla pena di un anno di reclusione e all’interdizione dai pubblici uffici per un pari periodo, esponendomi alla rimozione automatica dalla magistratura: queste condanne, infatti, implicavano la mia destituzione in tronco.
Ebbene, non posso esimermi dal ribadire che a questi 17 magistrati avevo fatto presente che venivo processato per un reato che le Sezioni Unite della Cassazione avevano ritenuto giuridicamente inconfigurabile già con sentenza del 25.5.1985 (Candus). Nonostante questo mio avvertimento, ho dovuto subire 5 gradi di giudizio e sono stato caparbiamente condannato -per ben due volte- senza che questi magistrati -e questo è l’aspetto più grave- abbiano speso una parola per rendere conto del “perché mai” disapplicavano le pronunce della Cassazione che imponevano, invece, la mia immediata assoluzione.
Ma c’è di più. Rammento infatti che per potermi condannare è stato addirittura costituito un Collegio giudicante “speciale”, nel quale è stato illegalmente inserito un magistrato ostile alla mia tesi -che cioè si era già pronunciato “a favore” dei crocefissi- ed è stato invece escluso il dr. Mario Montanaro, che si era invece pronunciato contro la presenza dei crocifissi nelle scuole e negli uffici pubblici in genere. E per creare questo collegio “speciale” sono state calpestate le norme costituzionali sulla precostituzione del “giudice naturale”, le norme sull’ordinamento giudiziario, le circolari del CSM e, dulcis in fundo, le tabelle del personale in vigore nel tribunale dell’Aquila.
Ricordo che per queste gravissime irregolarità ho presentato un esposto ed è stata anche presentata dall’On.le Maurizio Turco una dettagliatissima interpellanza (la n. 2/00130 del 19.9.2006) all’augusto Ministro della Giustizia Mastella Clemente. Ebbene, nonostante la bellezza di tredici solleciti da parte dell’On.le Turco, l’augustissimo on.le Clemente Mastella, allora ministro di Giustizia del governo Prodi ed oggi parlamentare europeo del PDL, dopo l’ultimo salto della quaglia, ha accuratamente evitato di rispondere all’interpellanza, insabbiando così comportamenti deplorevoli, illeciti e lesivi di norme costituzionali.
Non posso dunque esimermi, oggi, dal denunciare la persecutorietà palese dei processi penali che ho dovuto subire e che sto subendo (per la seconda condanna pende ancora il giudizio di appello dinanzi alla Corte aquilana) e, ad un tempo, dal denunciare i gravi abusi che sono stati commessi da alcuni magistrati aquilani per creare un collegio giudicante che fosse prevenuto nei miei confronti. Non posso esimermi dal rimarcare che per qualsiasi cittadino corre una “bella differenza” tra l’essere condannati, per ben due volte, ad un anno di reclusione ed all’interdizione dai pubblici uffici -con l’ulteriore prospettiva di essere espulsi con ignominia dalla magistratura- e l’essere invece assolti perché..... “il fatto neppure sussiste”!
La seconda riflessione riguarda l’operato del Presidente del Tribunale di Camerino dr. Aldo Alocchi che, posto di fronte ad una mia motivatissima richiesta di rimozione dei crocifissi dalle aule -con la quale prospettavo che la circolare del Ministro Rocco era stata tacitamente abrogata perché incompatibile col principio di legalità dell’azione amministrativa, col principio supremo di laicità e con i diritti inviolabili di libertà di coscienza, religione e di eguaglianza- ha preferito eluderla pilatescamente con due righe nelle quali affermava che “la circolare non era stata espressamente abrogata o revocata”, disapplicando così in modo plateale e intenzionale l’art. 15 delle preleggi e la sentenza n. 4273 del 2000 della IV Sezione penale della Cassazione che aveva affermato, invece, che la circolare fascista doveva considerarsi abrogata in seguito all’avvento della Costituzione repubblicana.
Ritengo doveroso rievocare il tenore di questa pilatesca “risposta” del Presidente del tribunale di Camerino dr. Alocchi (che in separata sede -si badi bene- mi ha confessato di essere d’accordo con la mia richiesta di rimozione dei crocifissi), oggi che la Cassazione penale l’ha sconfessata e annichilita con l’affermazione di principi diametralmente opposti, e cioè che la circolare in questione è da ritenere abrogata perché incompatibile coi principi di legalità e di laicità e con i diritti inviolabili di libertà di religione e di coscienza che competono a tutti i cittadini italiani.
La terza riflessione riguarda il passo della sentenza nel quale la Cassazione prospetta la possibilità -per chiunque- di sollecitare il Ministro di Giustizia a rimuovere i crocifissi e, in caso negativo, di adire il giudice amministrativo, che è l’“unico giudice che ha giurisdizione esclusiva al riguardo”.
Ebbene, mi piace ricordare che io ho già intrapreso la via giudiziaria “oggi” consigliata dalla Cassazione, dapprima invitando il Ministro di Giustizia Ing. Roberto Castelli a rimuovere i crocifissi nell’ottobre del 2003 e, poi, proponendo nell’aprile del 2004 un ricorso giurisdizionale al TAR delle Marche contro il silenzio-rifiuto del ministro.
Guarda caso -però- il TAR delle Marche ha eluso pilatescamente la decisione del mio ricorso affermando, in pieno contrasto con quanto sentenziato oggi dalla Cassazione, che era privo di “giurisdizione” perché, si badi bene, mi sarei dovuto rivolgere ai...... miei colleghi di Camerino!!!! Sono stato costretto a interporre appello contro questa sentenza ma, a tutt’oggi, il Consiglio di Stato non ha neppure fissato l’udienza di discussione. Sono trascorsi dunque quasi sei anni e la prospettiva migliore, in caso di accoglimento dell’appello, è che il mio ricorso ritorni dinanzi al TAR delle Marche per un nuovo effettivo esame: il che la dice lunga sull’inefficienza, sull’inaffidabilità e sulla carenza di imparzialità e indipendenza dei giudici, quando sono chiamati a decidere questioni che possono turbare gli “interessi” e le “direttive” della nostra Madrepatria, cioè del Vaticano.
Il quadro della Giustizia che ne esce è decisamente desolante, grottesco e sconcertante, come desolanti, grotteschi e sconcertanti sono stati i casi giudiziari di Adel Smith e di Lautsi Soile, che si son visti respingere le richieste di rimozione dei crocifissi dalle aule scolastiche con sentenze grottesche, dove il crocifisso è stato addirittura classificato come “simbolo culturale”; il caso di Franco Coppoli, condannato disciplinarmente perché rimuoveva temporaneamente il crocifisso che gli era stato imposto, sopra la testa, da una “maggioranza” razzista, spalleggiata dalle autorità scolastiche; il caso del prof. Alberto Marani, condannato disciplinarmente per aver distribuito ai suoi studenti un questionario sull’ora alternativa a quella di religione.
Tutti casi giudiziari, questi, che mettono a nudo il grado di inaffidabilità dei giudici -soprattutto quelli amministrativi- quando sono chiamati a decidere questioni “spinose” sulle quali esistono veti e dictat del Papa e della Chiesa cattolica. Non è un caso, ad esempio, che il giudice dell’Aquila Mario Montanaro sia stato sottoposto ad un vergognoso e vigliacco linciaggio pubblico da parte delle gerarchie ecclesiastiche e dei politici italiani di destra, sinistra e centro, oltre che ad un’intimidatoria ispezione ministeriale disposta dall’On.le Ministro di Giustizia Castelli: e questo perché il dr. Montanaro aveva “osato” affermare, in un provvedimento giurisdizionale dell’ottobre 2003, quegli stessi identici principi costituzionali e di diritto internazionale che la Cassazione aveva affermato già nel 2000 e che, oggi, essa ha ribadito nella sentenza che mi ha assolto, e cioè che i crocefissi debbono essere estromessi dagli uffici pubblici di uno Stato laico.
E non è un caso che l'Onorevole Isabella Bertolini, componente della Direzione Nazionale del Popolo della Libertà, ha aggredito i giudici della sesta sezione penale della Cassazione che mi hanno assolto con affermazioni che dimostrano -semmai ce ne fosse ancora bisogno- che i nostri governanti non hanno il benché minimo rispetto della legalità, della giustizia e della Costituzione, cioè dei principi sui quali si fonda una effettiva democrazia. Per l’On.le Bertolini, infatti, “le ragioni addotte per annullare la sentenza che condannava il giudice Luigi Tosti, che si era rifiutato di svolgere udienza per la presenza del crocifisso in aula, allarmano ancor più della sentenza stessa: per la suprema corte il crocifisso nelle aule giudiziarie è un problema da risolvere, ma la verità è che nel nostro Paese il crocifisso non crea problemi a nessuno, salvo a chi non ama la nostra storia e cultura. Non c'è alcuna questione da affrontare: il crocefisso deve restare lì dov'è. Questa sentenza conferma come il laicismo dilagante stia pericolosamente interferendo anche nelle decisioni prese ai più alti livelli di giudizio arrivando perfino a diventare un presupposto alla base delle sentenze”.
E non è un caso che anche i giudici del TAR del Lazio, che hanno recentemente annullato i decreti con i quali l’ex Ministro della pubblica istruzione Fioroni accordava agli insegnanti di religione cattolica il privilegio di assegnare “crediti scolastici” ai loro studenti, siano stati linciati dalla CEI, dall’ex Ministro Fioroni del governo Prodi, dall’attuale ministro Gelmini del governo Berlusconi e da una pletora di zerbini del Vaticano di destra, di sinistra e di centro, tutti pronti a gareggiare tra di loro per dimostrare chi è più bravo a genuflettersi di fronte al Vaticano ed alla Chiesa, allo scopo di captare i voti dell’elettorato cattolico integralista.
La quarta riflessione riguarda il passo della sentenza col quale la Cassazione, pur dando atto della fondatezza della mia tesi, accenna genericamente a “toni esasperati e ad espressioni talvolta paradossali che la caratterizzano e che ne rivelano la chiara strumentalità”. La Corte non ha menzionato quali siano i toni, le espressioni e le strumentalità cui allude, sicché mi riesce impossibile replicare in questa sede. Mi limito però a ricordare che in Italia vi sono circa 9.400 magistrati ordinari in servizio e che -per quel che mi consta- l’UNICO magistrato che si è rifiutato di profanare il principio supremo di laicità e di calpestare i diritti inviolabili di eguaglianza, di libertà religiosa e di coscienza dei cittadini italiani è lo scrivente Luigi Tosti. Mi chiedo, dunque, se i “toni” e le “espressioni” che avrei dovuto usare sono quelli che sono stati usati -e seguitano ad essere usati- dagli altri 9.399 colleghi italiani, dall’Associazione Nazionale Magistrati e dal Consiglio Superiore della Magistratura: e cioè il totale silenzio, la totale indifferenza e la totale inerzia di fronte alla scempio della Costituzione italiana ed alla violazione dei diritti fondamentali di libertà religiosa, di coscienza e di eguaglianza dei cittadini italiani.
La quinta riflessione riguarda il comportamento dei nostri augusti governanti italiani -di destra, di centro e di sinistra che siano- i quali, pur essendo stati posti di fronte a sentenze che, sin dal 2.000, hanno sancito, in termini espliciti, l’illegittimità dell’esposizione dei crocifissi negli uffici pubblici, hanno disatteso e seguitano a disattendere le sentenze dei giudici e, anzi, fanno a gara per soddisfare i dictat eversivi del Vaticano e della Chiesa, dimostrando di avere a cuore solo i consensi di una parte dell’elettorato cattolico: quello fondamentalista. Mi piace ricordare la sapienza dell’augusto filosofo ateo Massimo Cacciari che, dopo aver plaudito alla sentenza del Consiglio di Stato che respingeva la richiesta di rimozione dei crocifissi dalle aule scolastiche, ha affermato -con una coerenza ed una logica a dir poco adamantine- che “se Gesù tornasse tra di noi il primo a togliere quell´effigie dalle aule certamente sarebbe lui” (evidemente il filosofo si preoccupa che il buon Cristo abbia qualcosa da fare, quaggiù sulla Terra, se mai dovesse decidere di farci un’altra visita per “salvarci” da qualche altro peccatuccio più o meno originale). Mi chiedo: con quale autorevolezza questi augusti parlamentari e ministri italiani -che calpestano abitualmente ed intenzionalmente la Costituzione italiana dopo averne giurato fedeltà- seguitano a parlare agli italiani? E con quale autorità pretendono che gli italiani obbediscano alle loro leggi, se sono i primi a calpestarle?
La sesta riflessione riguarda il procedimento disciplinare che è stato promosso dalla Procura Generale della Cassazione perché, essendomi rifiutato di soggiacere ad atti di discriminazione da parte del Ministro di Giustizia, che mi imponeva il crocifisso cattolico e mi vietava di esporre i miei simboli, avrei gettato sconcerto nella pubblica opinione. Ricordo che questo procedimento disciplinare ha consentito al CSM (sempre su richiesta della Procura Generale) di sospendermi dalle funzioni e dallo stipendio dal 1° febbraio 2006, cioè da quasi quattro anni.
Ebbene, questo procedimento disciplinare è stato sospeso in attesa della definizione del procedimento penale ma, nonostante la mia definitiva assoluzione del 17 febbraio 2009, tutto tace e tutto langue. Mi chiedo e chiedo: i miei accusatori hanno forse qualche imbarazzo? Si trovano forse in difficoltà nel portare a termine -nella veste di novello “braccio secolare” della Chiesa cattolica- il compito di giustizieri dell’ “eretico” che osa rifiutarsi di giudicare all’ombra dell’idolo del dio biblico incarnato?
E’ veramente singolare che questo procedimento disciplinare -per il quale si è disposta in fretta e furia la mia “sospensione cautelare” per “porre rimedio allo sconcerto dell’opinione pubblica” (il riferimento più plausibile è lo sconcerto dei “razzisti” di fede cattolica) venga tenuto in letargo dopo che è intervenuta la mia piena assoluzione: una sollecita attivazione era d’obbligo, se non altro in considerazione dei danni che si seguitano a procurare all’Erario.
Ancor più singolare è che subito dopo questa sentenza di assoluzione mi sia stato notificato, nel marzo scorso, l’avvio di un ulteriore procedimento disciplinare, relativo ad altre udienze non tenute: quelle per le quali ho subito la seconda condanna che, però, dovrà essere ineluttabilmente cancellata in appello.
Mi piace anche ricordare che subito dopo l’inizio della mia astensione ho chiesto che non mi venissero più corrisposti gli stipendi ed ho anche tentato di impedirne l’accredito. Mi chiedo oggi -visto che in caso di assoluzione dovrò essere risarcito degli emolumenti che non mi sono stati corrisposti in tutti gli anni della mia “sospensione cautelare”- “CHI” pagherà i danni all’Erario e, in particolare, se i ministri Castelli Roberto, Mastella Clemente ed Alfano Angiolino saranno disposti -come lo sono sempre stato io- ad aprire i loro portafogli e a risarcire il danno economico arrecato ai contribuenti italiani.
Per ora rimango in attesa della decisione finale della Sezione disciplinare del CSM: se sarà di condanna -come si augurano le gerarchie ecclesiastiche- la impugnerò dinanzi alla Corte di Cassazione e, in caso di rigetto, adirò la Corte Europea.
Se la decisione sarà positiva, chiederò alla Corte dei Conti di agire contro i Ministri di Giustizia per il danno erariale arrecato e, ovviamente, seguiterò a rifiutarmi di tenere le udienze sino a che TUTTI i crocifissi non saranno rimossi da TUTTE le aule giudiziarie italiane.
Venerdì, 4 settembre 2009.
Luigi Tosti

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