mercoledì 20 maggio 2009

IL "MISTERO" DELL' ANIMA

La mente infinita.
Il neuroscienziato Jesse Bering ha indagato sul perché tante persone pensano che la mente continui a esistere anche dopo la morte ed è giunto alla conclusione, scientifica e supportata da studi e da test, soprattutto su bambini, che questa credenza non è un prodotto delle culture religiose o una «coperta di Linus» emotiva, bensì nasce dalla natura stessa della nostra coscienza.
"Dovrebbe sembrarci strana l'inclinazione ad annuire ascoltando la melodia vibrante di Iris Dement in Let the Mystery Be, un canto di lode all'aldilà -afferma Jesse Bering- ma l'unico vero mistero è il motivo per cui siamo così convinti che quello che accade «quando tutto finisce» sia un mistero. Il cervello è come qualunque altro organo: una parte del corpo. E la mente è ciò che il cervello fa: più un verbo che un nome. Allora perché ci domandiamo dove va la mente quando il corpo muore? Non dovrebbe essere evidente che anche la mente è morta? Eppure, gente di ogni cultura crede in qualche tipo di vita nell'aldilà o, per lo meno, non è sicura di cosa accada alla mente al momento della morte. Le mie ricerche mi hanno portato a ritenere che questa credenza irrazionale, invece che derivare dalla religione o servire a proteggerci dal terrore dell'inesistenza, sia un sottoprodotto inevitabile dell'autoconsapevolezza. Poiché non abbiamo mai sperimentato una mancanza di consapevolezza, non riusciamo a immaginare come ci si sente a essere morti. In realtà, non ci si sente in alcun modo. E qui sta il problema."

Le conclusioni di Bering non fanno una piega e possono essere ulteriormente semplificate con un raffronto tra un computer ed un essere umano.
Infatti, l’ “anima” dell’uomo vivo, che si manifesta concretamente col pensiero, le parole, i gesti, i calcoli, i ragionamenti, i sentimenti etc., è esattamente paragonabile all’ “anima” di un computer, che si manifesta visibilmente con i calcoli, con le immagini, con le musiche, con i filmati, con i movimenti e con altre miriadi di prestazioni che riesce a fornire. Quando un uomo cessa di vivere, succede esattamente quello che succede al computer che si rompe: ovverosia la mente dell’uomo non è più in grado di elaborare pensieri, parole, gesti, calcoli, ragionamenti, sentimenti, etc., al pari della “mente” del computer, che non sarà più in grado di elaborare calcoli, immagini, suoni etc. etc.
E se nessuno si sognerebbe di ipotizzare che la "mente" di un computer possa sopravvivere alla sua rottura, non si vede perché mai dovremmo ipotizzare che la mente dell'uomo possa sopravvivere alla "rottura" del corpo, cioè alla sua "morte cerebrale".

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